Il suo ultimo lavoro, Child of Eden, al pari del predecessore ideale e spirituale Rez, è sostanzialmente un’esperienza semiotica sinestetica, in cui l’obiettivo di base è giungere al coinvolgimento più completo e profondo dei sensi e della percezione, attraverso una matura fusione di significati e significanti, che utilizzano, contemporaneamente, immagini, suoni, vibrazioni, movimenti.
La trama in se è alquanto stringata. Ci troviamo in un prossimo futuro, in cui il genere umano ha ormai colonizzato lo spazio aperto, nel quale si è poi in sostanza disperso, rimanendo unito solo attraverso Eden, versione ampliata e universale della rete, tramite la quale ogni persona può collegarsi al resto dei suoi conspecifici, condividerne il passato, la cultura, le idee.
11 settembre 2019: il primo essere umano nato nello spazio inala il suo primo respiro all’interno della stazione spaziale internazionale. E’ una bimba, e si chiama Lumi.
Crescendo, Lumi sogna il suo pianeta, immagina di camminarvi, imparando a conoscerne la. Questi desideri, questi sogni e pensieri, sono da lei tradotti ed espressi in musica, e inviati nella rete, per condividerli con tutti i terrestri. Dopo la sua morte, il suo corpo viene preservato e tutti i suoi ricordi e i suoi dati vengono salvati negli immensi archivi di Eden.
Il gioco di Mizuguchi, proprio come REZ, è un ibrido tra uno sparatutto in soggettiva su binari ed un gioco musicale. Sia che si usi il pad tradizionale, sia che si usi il Kinect (ottimamente implementato), l’interazione si vera e propria limita a puntare il mirino sui bersagli, rilasciando due tipi diversi di colpi, per eliminare nemici e boss di fine livello. Molto semplice, molto immediato, ma dannatamente immersivo e divertente.
Il comparto grafico è stupefacente, con colori vivissimi, fluidi e cangianti, che rendono precisamente l’idea di trovarsi all’interno di una realtà ricreata digitalmente, in una sorta di immenso inconscio collettivo formato da miriadi di immagini.
Ecco perché giocare a Child of Eden non si riduce al semplice assolvimento di una missione, al conseguimento di un obiettivo (e relativi trofei), ma si tratta dell’immersione in una enhanced reality che, laddove ancor piuttosto fissa nelle possibilità dinamiche, non ha davvero limiti per quanto riguarda le sue risonanze interiori.
C’è sicuramente molta autorialità e individualità, dietro a questa creazione, ma è uno spirito vitale e in un certo senso salvifico, che riscatta in pieno la grande maggioranza di titoli che puzzano di morto, artisticamente parlando.
Avanguardia artistica nel senso più vero ed efficace del termine, che riesce a portare a termine la sua idea di partenza, il suo concetto di base, senza dimenticare, anzi, l’aspetto funzionale e commerciale dell’opera stessa (vedesi l’intelligente marketing multimediale, i Genki Rockets, Lumi come idol, ecc…)
Geniale.