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Se c’è una cosa che mi piace da morire quando giro per i mercati e i supermercati cinesi è curiosare al banco della frutta! Non appena ho messo piede qui a fine estate, era il tempo delle giuggiole. In tutta sincerità, in Italia non le avevo mai trovate né assaggiate e provarle è stata una scoperta: piccole e croccanti, dolci quanto basta e dalla consistenza simile alla mela… tanto che una tira l’altra, è una dipendenza! Sul mercato ne esistono tante varianti e le più famose qui si chiamano datteri per via del loro aspetto bislungo e marrone. A dire il vero sono anche le mie preferite, ma al momento di fotografarle non c’erano più e così mi è toccato ripiegare sulla versione verde e tondeggiante. Poi è stata la volta del mangostano, un frutto violaceo da 8 euro al chilo (e per la media cinese direi che è notevole!) di cui si mangia solo la polpa bianca, dolce e molliccia, con un sapore che se la gioca tra pesca e litchi. E che dire del pomelo? E’ l’agrume più grande che esista e compare sui banchi proprio ad autunno. Profuma come un pompelmo e anche il sapore me lo ricorda, se non fosse per l’assenza di amarezza. Dopo cena, in due siamo riusciti a finirne a malapena metà… anche perchè diciamocelo, da mangiare è scomodissimo! Ha una scorza spessa, da pelare con il coltello, e ad ogni spicchio va levata la pellicina bianca perchè impossibile da masticare! Ne rimane la polpa che per via dell’aspetto asciutto e per il modo in cui si sgrana mi ricorda tanto il melograno. Nelle altre tre foto ci sono invece tutti i frutti che ho assaggiato in un mercato di Suzhou (e che un simpatico signore mi ha fatto strapagare senza possibilità di replica!), due dei quali (quelli dai colori fluorescenti) rimangono ancora non identificati, mentre il più “peloso” si chiama rambutan, un fruttino viscido e dolce quanto il litchi. Ovviamente i classici durian e frutto del drago non mancano mai sul banco della frutta… ma a dire la verità, per via del suo odore “benzinato” (sì mi dà proprio quell’impressione) il durian ancora non l’ho assaggiato… uno sfizio che prima o poi mi devo togliere.
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