Magazine Storia e Filosofia
di Giovanni Lattanzi
Secondo i risultati di una moderna ricerca, una frattura risanata scoperta su un antico cranio proveniente dalla Cina potrebbe essere la più antica e documentata prova della violenza tra uomini. L’individuo a cui è appartenuto il teschio, vissuto tra i 150.000 e i 200.000 anni fa, ha infatti riportato una ferita traumatica alla tempia destra, probabilmente dopo essere stato colpito da una qualche sorta di proiettile. Ma l’antico cacciatore/raccoglitore, il cui sesso ancora non è chiaro, è sopravvissuto per poter raccontare la storia, in quanto la feria era ormai perfettamente risanata al momento della sua morte.
Il cranio venne scoperto in una grotta vicino a Maba, nel sud della Cina, nel 1958. Dalle analisi risulta che prima della sua sepoltura, un grosso roditore, con tutta probabilità un porcospino, deve aver rosicchiato le ossa del malcapitato defunto, rimuovendo una porzione significativa del volto.
Il professor Trinkaus, della Washington University di St Louis, Stati Uniti, che fa parte dell’équipe internazionale che si è occupata di riesaminare il ritrovamento, ha dichiarato che la frattura da pressione nella zona della tempia destra doveva con tutta probabilità essere il risultato di un impatto molto diretto e molto localizzato.
Secondo lo studioso, una ferita di quel tipo avrebbe potuto essere provocata da un forte colpo con un sasso, ma ha subito sottolineato che uno dei maggiori problemi dell’antichità era lo stile di vita molto duro che le persone erano costrette a condurre, cacciando animali di media e grande taglia da molto vicino, animali che sicuramente non gradivano il fatto di essere aggrediti con delle lance e che si difendevano dall’attacco degli uomini scalciando e combattendo con le corna di cui molti di essi erano dotati. Nonostante tutto, per la dimensione e la posizione della ferita, pare proprio che in questo caso non si tratti di un incidente di caccia ma di un colpo ricevuto dal lancio di un oggetto pesante.
Istinto di sopravvivenza
Oltre ai severissimi mal di testa che una frattura di questo tipo ha sicuramente causato allo sfortunato uomo/donna di Malba, una ferita di questo tipo, secondo quanto si può esperire dalla moderna medicina, suggerisce che la persona che l’ha subita doveva aver sofferto anche di una qualche forma di amnesia temporanea.
Il filosofo inglese Thomas Hobbes (XVI secolo) scrisse che la vita naturale degli uomini in condizioni ‘naturali’, com’era quella dell’antichità, era ‘brutta, brutale e corta’; questo ritrovamento in Cina altro non fa che confermare questa tesi riguardo allo stile di vita dei nostri antichissimi antenati.
Nonostante il forte colpo ricevuto, l’individuo a cui apparteneva il teschio era sopravvissuto almeno per settimane o mesi dopo il trauma, a giudicare dalla completa guarigione della frattura. E secondo il professor Trinkaus, questo fatto rappresenta un importantissimo risvolto di questo ritrovamento. Si tratterebbe dell’ennesimo caso, in un numero sempre crescente di fossili risalenti all’antichità, che dimostrerebbe una sopravvivenza a lungo termine dopo severe ferite o problemi congeniti. Sono infatti numerose le evidenze di diversi tipi di traumi, alcuni di lieve entità, altri che dimostrano una maggiore gravità, nonché anche un’incidenza sorprendentemente alta di condizioni mediche e problemi che si riscontrano anche oggi nella vita moderna, ma che sono estremamente rare, quindi la possibilità di ritrovarne qualcuna nel non molto nutrito archivio di fossili finora disponibili è molto bassa.
Reti di supporto nell’antichità?
Trinkaus afferma anche che, nell’antichità, parecchie persone con ferite erano sopravvissute egregiamente anche dopo il trauma; i ricercatori sono portati a credere che questa sia la prova dell’esistenza, millenni fa, di sistemi di cura e di supporto tra i primi, antichi gruppi di uomini.
Visto che erano riusciti a costruire un certo numero di armi, è inevitabile che alcune liti personali tra qualcuno di loro finissero in modo piuttosto grave; allo stesso tempo, però, i feriti potevano contare sull’aiuto reciproco, o della comunità, per sopravvivere e recuperare.
L’individuo ritrovato a Malba sicuramente non era un uomo moderno come noi, ma apparteneva a una popolazione definita ‘arcaica’, composta di indivudi che popolavano il sud est asiatico nello stesso periodo in cui gli uomini di Neanderthal dominavano l’Europa.
È possibile che il ritrovamento cinese sia anche collegato a una misteriosa popolazione conosciuta col nome di uomini di Denisova, che sono stati identificati come un gruppo distinto di uomini preistorici sulla base di studi condotti sul DNA.
In ogni modo, il professor Trinkaus pensa che ci sia stato un continuum di popolazione tutt’attraverso la grande distesa di terra denominata Eurasia. Gli uomini di Neanderthal erano i rappresentanti occidentali di questo continuum, dove Maba e gli altri ritrovamenti ne rappresentano la parte occidentale. L’unica differenza tra gli uni e gli altri, in questo caso, consiste nel fatto che gli uomini di Neanderthal hanno un nome che li identifica, mentre a tutti gli altri ancora non è stato assegnato.
Fonte: Archeorivista.
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