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Chiude il motel Alberoni

Creato il 26 settembre 2011 da Albertocapece

Chiude il motel AlberoniAnna Lombroso per il Simplicissimus

Si non è bello fare paragoni, ma c’è chi ha Philip Roth e chi ha Moccia, chi ha Lettermann e chi ha Vespa e anche chi ha avuto Barthes e chi Alberoni. Che oggi, in sintonia con la salò contemporanea, annuncia che, giunto a termine il contratto di collaborazione, interromperà il suo dialogo con i lettori.
Beh, non lo rimpiangerò.

La sua missione di “lializzazione” del paese, ben prima di Sex & the city e delle “Casalinghe disperate”, era ormai compiuta. Dal suo salottino polveroso di piè pagina, conservato come un santuario del perbenismo funzionale al preannunciato governo della spericolata porno-plutocrazia, arcaico ormai come una telenovela ci lascia dopo averci narrato una contemporaneità che non c’era ma alla quale voleva che credessimo: una miscela barbaricamente eterogenea di manifestarsi di emozioni di esteriorizzazione di gossip, di legittimazione di aspirazioni egoistiche per non dire egotiche.

E infatti: “Ho scritto, dice nel commiato, ciò che studiavo come psicologo e come sociologo: l’animo umano con le sue passioni, i suoi vizi, le sue virtù, le sue speranze e i suoi timori. Ho parlato dell’amore, dell’erotismo, della gelosia, della fedeltà e dell’infedeltà. Ho parlato dell’amicizia, della lealtà e del tradimento. Ho parlato dei capi, dei creatori, degli imprenditori, ma anche dei distruttori, dei prepotenti e dei vanitosi. Ho parlato del lavoro, della scuola, dell’insegnare, dell’apprendere. Ho parlato della catastrofe e dello sconforto, della forza morale, dell’ottimismo e della speranza.”

Pare Tremonti e infatti come lui ha contribuito a imporre un mistificato intimismo come anticamera del personalismo, a accreditare il privato come inevitabile preambolo al privatistico. Come lui e quella compagine ha decantato le virtù di un’etica “minima”, largamente accettabile in quanto arbitraria e la desiderabilità della banalità che si sostituisce al senso comune, del moralismo che si sostituisce alla comprensione e del perbenismo che si sostituisce all’osservanza delle regole e alla accettazione delle differenze.
No, non rimpiangerò quel bonario e ottimistico “cinismo del particolare”, quell’irrisione dell’impegno che lui come i suoi riferimenti in politica considerano “vecchio”. Perché ha aiutato una riduzione artificiale della aspettative e della sentimentalità a soddisfazione rapida di pulsioni mediocri, ha costretto l’autocoscienza, della quale peraltro non sono una fan, nei limiti angusti di una posta del cuore.

Non ha dovuto esibirsi nel circo del premier con le nuove generazioni di nani e ballerine : il suo lavoro l’ha fatto scrupolosamente contribuendo a creare uno spirito del tempo egoistico e disinvolto, irrispettoso dei bisogni e allusivo della cupidigia come si conviene al primato del mercato e dell’accumulazione, per un pubblico di bambini avidi, spregiudicati e immaturi. E quella sua studiata semplicità domestica serviva proprio al processo di infantilizzazione delle coscienze, del pensiero ed anche dei sentimenti per limitare le domande e le attese e addomesticare la critica.
Non lo rimpiangerò perché a differenza di loro io penso che i sentimenti buoni, le passioni felici devono appagare ma non addormentare. E che la bellezza e l’amore devono alimentare il desiderio che si diffondano e contagino il mondo contro iniquità e oscurantismo dentro e fuori di noi.


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