…Tanto per cambiare.
Domani mi arriva la mobilia dall’Australia e mi danno le chiavi dell’appartamento nuovo. Allo stesso tempo. Tipo che mi danno le chiavi mentre il camion dei mobili (e dei 55 scatoloni) ci va di clacson dalla strada.
PS. I romani del consolato non erano quelli allo sportello (anzi, c’e’ una honkina niente male con un accento italiano perfetto allo sportello. Roba che ti vien voglia di rifarti il passaporto solo per rifarti gli occhi). Il problema erano quelli in coda!
Mi chiedo: perche’ gli italiani non sanno stare in fila? Perche’ le organizzazioni italiane non sanno organizzare le code? Perche’ non transennano in modo da farti stare in fila indiana, ma tengono le sale d’aspetto tipo salottino del cazzo dove uno non sa mai chi e’ prima e chi e’ dopo?
Maledetti.
E poi. Perche’ entri in sala d’aspetto e ci sono i divani dove uno si siede, e non esiste una fila? Perche’ cazzo devo entrare e dover chiedere "chi e’ l’ultimo?" e passare la mezz’ora seguente col culo al comodo ma il cervello in allarme a stare attento che nessuno si intrufoli tra me e quello prima di me???
Torniamo al tipo in coda ("coda" per modo di dire). C’e’ una tipa (asiatica) (cesso) che sta compilando un modulo, e lui seduto sul divano. Lo vedi che e’ impaziente, lo stallone della ciociaria. Alla fine si decide: si alza e va da lei, di fronte a tutta la sala d’aspetto che sta in silenzio religioso a gustarsi questa figura di merda. In un inglese ORRENDO con accento atroce le chiede qualcosa che il mio cervello si rifiuta di ricordare (a me il suono degli italiani che tentano di parlare inglese stride alle orecchie come le unghie su una lavagna). Lei lo guarda e gli risponde "Aho, mi madre e’ dde Taiuuan!" con accento ancora piu’ burino del suo.
Al che albino pensa – appposto semo, ghesboro – e si mette una mano sugli occhi. Segue conversazione a due con altre 20 persone che li guardano allibiti; e tutto un "eddai bella, stasera annamo a farcie unaperitivo, su", e cose del genere. Albino a quel punto ha due scelte, o vomita o se ne va. Tra il giramento di coglioni della fila inesistente e questa scena da di bovari campagnoli che si parlano in burinese, la scelta e’ scontata.
Morale: il giorno dopo sono tornato all’orario di prima apertura (tanto il consolato e’ l’edificio di fronte al mio ufficio…) quando non c’era nessuno. A parte una tipa con passeggino che registrava il figlio e che e’ riuscita a passarmi davanti – la zoccola – perche’ mentre io compilavo il mio modulo nell’apposito spazio, lei si e’ messa a compilarlo direttamente allo sportello. La troia. Sposata con francese poi, che e’ tutto un dire. Che il fantasma di Materazzi perseguiti voi e tutta la vostra stirpe nei secoli dei secoli.
Vado, che la notte e’ giovane. E spero di non incontrare italiani questa sera.