![Ci ha lasciato Gabre Gabric, l’unica sopravvissuta dei giochi di Berlino 1936 Ci ha lasciato Gabre Gabric, l’unica sopravvissuta dei giochi di Berlino 1936](http://m2.paperblog.com/i/309/3094637/ci-ha-lasciato-gabre-gabric-lunica-sopravviss-L-fvFoAT.jpeg)
Una vecchia foto bianco e nero la ritrae bella e misteriosa, come un’avventuriera delle trame di Eric Ambler. Di Gabre non si conosceva di preciso l’età: forse era del ’17, ma i registri di Ellis Island, dove approdò con il piroscafo “President Wilson” nel 1923, attestano che la bambina aveva 9 anni: 17 ottobre 1914. Il padre Martin, ex ufficiale, non ebbe nulla da eccepire quando l’addetto all’emigrazione scrisse quella data, quell’età. Ma la Gabre americana dura poco: di lì a poco torna in Dalmazia, a Zara, e si ritrova suddita di Vittorio Emanuele III. Italiana.E’ una piccola collezione di dati, di fatti che contribuisce a renderla un personaggio tramandato da un mondo sparito, la protagonista di un secolo che un famoso storico inglese ha definito breve e che a lei è servito a molte cose: portare la sua elegante figura sulle pedane del disco (non era ancora il tempo di certe draghesse: lo attestano le parabole appena oltre i 40 metri) e diventare fondatrice di una delle grandi dinastie dell’atletica italiana: Gabric-Calvesi-Ottoz sarebbe da scrivere di seguito, senza interpunzioni.Sempre stata di lingua svelta, la Gabre. Quando andò ai Giochi di Berlino, le capitò di incontrare Adolf Hitler e lo definì “una piccola persona insignificante , ma con occhi bestiali”. Il cancelliere era piuttosto assiduo all’Olympiastadion e naturalmente era presente quel giorno per la vittoria di Gisela Mauermayer, dotata di tessera del partito nazionalsocialista e con qualche noia al termine della guerra. Gabre finì decima per guadagnare posizioni (sesta) due anni dopo agli Europei di Vienna, i primi per le ragazze. Durante la guerra conquistò due dei suoi quattro titoli italiani e a conflitto appena finito fece parte dell’avventurosa spedizione che, su un traballante Dakota, fece rotta per gli Europei di Oslo, il primo appuntamento che tornò a riunire gli atleti nel segno della pace e del ricordo di quelli che erano stati spazzati via. Chiuse con Londra ’48 e con 22 maglie azzurre.Gli anni bresciani si prolungano nel tempo, accanto al marito Sandro Calvesi, libero docente di scienza e tecnica degli ostacoli, che scompare nel 1980: la poliglotta Gabre si ritrova a chiacchierare con gli allievi di Sandro che arrivano dalla Francia e dalla Gran Bretagna. C’è anche un ragazzo occhialuto, nato sulle rive del Mediterraneo, aostano, simpatico, ribaldo. Eddy Ottoz sposerà Liana Calvesi e Gabre diventerà la nonna di Laurent, Pilar e Patrick. Una nonna unica che anche con l’avanzare dell’età, con l’ingresso nella terza e nella quarta età, non rinuncia ad andare a saggiare la pedana del peso e del disco. Chi ha imparato quei gesti, non riesce a dimenticarli, finisce per condividerli con chi, in gioventù, si dedicava ad altre sfere. Uno è un suo magnifico compaesano, Ottavio Missoni. Gran razza, i dalmati. Le donne sono sempre state bellissime e i veneziani su quella costa tra gli uomini arruolavano i fanti de mar, i primi marines della storia.Tra i Master, Gabre raccoglie quattordici titoli mondiali e europei e una raffica di record per una mrriade di categorie di età. Un anno fa, per il traguardo del centenario, è ancora così vispa e brillante che all’invito di Liana di trasferirsi ad Aosta, nelle tende degli Ottoz, risponde da vecchia guerriera di una tribù ormai sparita: “Sto bene, me la cavo da sola”. Eterna, sino all’addio sussurrato ieri.