La parola "MERENDA" evoca nella mente di tanti, ricordi piacevoli e lontani, soprattutto per chi come me ha superato i famosi anta. Ricordi di ginocchia sbucciate, di corse in bicicletta all'ultimo respiro e di pomeriggi piovosi con il naso attaccato al vetro della finestra a seguire il viaggio delle gocce di pioggia. Com'era bello stare seduti sul marciapiede a riposarsi un poco, prima di ricominciare a giocare, mentre si addentavano due belle fette di pane con olio e pomodoro. Intanto ci si contava le croste sulle braccia e sulle gambe, ferite gloriose di giochi e corse sfrenate. Eh sì! La merenda è la merenda.
MA CI SONO MERENDE E MERENDE!
Durante la mia infanzia, spesso le domeniche pomeriggio, le trascorrevo a casa di mia nonna Ada. Mentre mia madre con mia zia chiaccheravano del più e del meno in cucina con la nonna, io andavo in sala da pranzo dove c'era il televisore, naturalmente ancora in bianco e nero. Non ricordo la marca, ma aveva il pulsante dell'accensione grande e di forma ovale. Passava sempre qualche secondo, dal momento che io premevo quel pulsante, a che lo schermo prendesse vita. Mi accomodavo su una delle sedie di legno lucido, che componevano la sala da pranzo e lì seguivo i miei programmi preferiti.
Mia nonna a metà pomeriggio mi preparava sempre la merenda. E quello che mi preparava dipendeva da ciò che aveva in casa. Allora, parlo dei primi anni '70, non c'erano ancora tutte le merendine confezionate di adesso e quando andava bene era pane e salame, pane e Nutella o pane olio e pomodoro, i miei preferiti. Ma se non aveva niente, si sbizzarriva con pane olio e aceto, pane burro e sale o il temuto e famigerato PANE VINO E ZUCCHERO!
Di tutte le merende che mia nonna mi preparava, ricordo proprio quella che mi piaceva di meno, forse perchè me la propinava spesso. Diceva che mi faceva bene.
Non potevo nemmeno protestare, perchè mia mamma mi avvertiva sempre prima di andare dalla nonna, di non fare la maleducata e di non chiedere niente, quello che nonna ti dava quello si mangiava.
Perciò, aspettavo il mio destino, seduta sulla scomoda sedia di legno lucido e ecco che arrivava la nonna con in mano un piattino. Qualsiasi merenda preparasse, me la portava sempre adagiata su di un piattino bianco, così non avrei dovuto sporcarmi, secondo una sua pia illusione.
La famosa merenda, si riconosceva subito, causa il colore rosso violaceo del vino. Eccola là! Una bella fetta di pane toscano spessa, con la midolla morbida morbida, ricoperta da un alto strato di zucchero bianco, il tutto annaffiato da una ragguardevole dose di vino Chianti rosso. Alla facciaccia di tutti i pediatri di questo mondo!
Per versarlo sulla fetta, mia nonna prendeva il fiasco del vino e ne chiudeva la bocca con il pollice. Con movimenti veloci da destra a sinistra, faceva scendere il vino a piccole dosi e così inumidiva tutta la fetta di pane in maniera uniforme e vi assicuro che non lo centellinava.
Io guardavo la mia merenda colante vino un po' sconsolata. Ma poi mi rassegnavo. Prendevo in mano la fetta di pane con delicatezza e davo il primo timido morso. Ricordo ancora lo scricchiolio dello zucchero sotto i denti. All'inizio la fusione dello zucchero con il vino era anche piacevole, ma durava poco. Il sapore aspro del vino schietto alla fine prevaleva su tutto. Però, morso dopo morso, riuscivo sempre a finirla tutta.
Così passavo quei pomeriggi, con pane vino e zucchero e Bracco Baldo Show, pane vino e zucchero e Pippi Calzelunghe, pane vino e zucchero e le avventure di Tarzan con l'attore Johnny Weissmuller. Nonostante tutto, erano pomeriggi bellissimi, che ancora ricordo con tanta nostalgia, tornavo a casa sempre contenta, ma forse ero solo.....
un po' ubriaca.
Lucia Marradi