- Ti è piaciuto?- Si mi è piaciuto…- A cosa pensi?- A domani.
Domani ci svegliamo col primo rumore di treno e tu sei già in piedi che aspetti il lavoro. Mi prepari il caffè e me lo porti nel letto, di mattina presto poi faccio fatica ad accettare le cose. Il tuo modo di vedermi è qualcosa che non mi lascia perplesso - dio quanto lo vorrei - piuttosto un modo di pensare l’amore e sentirselo comodo. Le attenzioni che mi serbi sono un passato che mi rigiro ancora e poi ancora nel letto; forse un cliché, non saprei dire. Mi baci e sento tutto il sapore della notte passata, e se mi rimbocco le coperte mi torna come un rigurgito il tuo umore sudato. Tra la notte e il buongiorno ci sono molti modi di vedere le cose, un mondo diverso di attraversare le strisce, l’affitto, le bollette, le persone, il traffico, i semafori, la spesa. Tornerò dal lavoro e farò la fila alla cassa, comprerò due bottiglie e torneremo nel letto. Fino alla fine dei giorni.
- A cosa pensi? - A niente.
Niente è il soffitto che vomita il calcestruzzo sui nostri occhi. Niente è l’errore che ci attende poco più in là. Niente sono le merende di quando ero bambino e avevo tanti occhi addosso con cui giocare. Niente è vederli passare, sposarsi, invecchiare, dissolversi. Niente sono i capelli di mia madre che corrono come carta zucchero sui carri a carnevale, le sue cartilagini, la pelle tirata che fa a botte con i suoi occhi celesti. Niente sono le figurine Panini scambiate di rapina sotto il banco, le partite a calcetto, le mani enormi del maestro Felli. Niente è il giorno che me ne sono andato di casa, niente il giorno della mia laurea, niente la tesi di dottorato e tutte le mattine che mi sono sentito più veloce e più in fretta di tutti. Niente sono i tuoi occhi verdi che mi aspettano e che già sanno che prima o poi ritorno. Ci sono molti modi per tornarsene a casa: uno di questi è infilarsi in un letto.
- Che bello…