"Insegnanti deportati" titola oggi Il Fatto Quotidiano. Humor nero, considerando quanto sta succedendo in giro per il mondo.
Quando si parla di scuola si parla di precari, assunzioni, concorsi, "buona scuola" riferendosi ad una non-riforma che ci porta beffardamente indietro.
Mai di contenuti in termini pedagogici - non aziendalistici!-.
Per caso in questi giorni mi sono imbattuto nel disco di Sergio Endrigo "Ci vuole un fiore", realizzato nel 1974 su testi di Gianni Rodari.
Una chicca, ma prima ancora un manifesto metaforico della buona didattica "alternativa" che non pochi insegnanti (e genitori) praticavano ai tempi.
Si percepisce la speranza (magari ingenua, col senno di poi) in un mondo migliore dove la "libertà" coniugata in tutte le sue forme non sia soltanto la formalità della democrazia, ma una dato sostanziale della formazione individuale in un contesto di solidarietà collettiva.
Tutto è possibile, beninteso, ma difficilmente chi ha avuto un percorso educativo, ispirato costantemente a quei valori è oggi un razzista. Nessun venditore di paura lo convincerà che lo straniero in fuga da guerre e povertà sia qui per sottrargli quel poco che crede di possedere e, all'occasione, tenderà la mano per aiutare anziché lanciare anatemi e alzare muri divisori.