Ciao

Creato il 26 novembre 2013 da Marvigar4

   Non tutti sanno che “ciao!”, il saluto nazionale par excellence, deriva dal veneziano “s-ciavo”, ossia “schiavo” (dal latino medievale sclavus), che indicava persone di origine slava usate come servi soprattutto nella Serenissima Repubblica di Venezia, ed era in principio la forma di saluto dei subordinati nei confronti dei padroni come forma di sottomissione e ossequio (sarebbe una sorta di “Servo Vostro”, in auge fino all’Ottocento e noto anche nei territori dell’Impero Austroungarico nella versione latina “servus”). Sappiamo che le parole, le espressioni, con il tempo hanno una loro evoluzione, o involuzione, semantica, pertanto “s-ciavo”, contratto in “sciao” e poi in “ciao”, è diventato un saluto amichevole tra persone che si ritengono paritetiche e si danno del tu. Paradossalmente, oggi dire “ciao” a qualcuno che non conosciamo bene o che consideriamo “superiore”, per motivi gerarchici o sociali, rappresenta una forma di mancanza di rispetto, di insolenza, ossia il contrario di quello che anticamente avveniva con l’antica forma “s-ciavo”. L’Italia è quindi il paese del “ciao”, degli schiavi affrancati che dicono “Servo Vostro” ai propri pari, o supposti tali, e fanno finta di non essere più servi di chi sta al potere con un “buongiorno”, “buonasera”, “arrivederci”… Non vi sembra che il nostro saluto nazionale sia il ritratto filologico di ciò che siamo divenuti intimamente?

mvg


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