- Ciao Ilaria, benvenuta nel mio blog! Sono proprio contenta di ospitare te oggi, perché conosco già il tuo modo di scrivere, avendo avuto il piacere di recensire il tuo primo libro "Amore e guerra" [link alla recensione] e so che sei capace di emozionarmi! Sono curiosa di sapere qualcosa sul tuo nuovo romanzo, "Il Cavaliere d'Africa", di cui scriverò anche una recensione non appena gli impegni universitari me lo permetteranno! Raccontaci un po' del tuo nuovo romanzo...
Ciao Simona, innanzitutto ti ringrazio per la calorosa ospitalità. Sono molto lieta di fare due chiacchiere con te anche perché ti stimo molto come collega.
- Ilaria, questa tua coinvolgente descrizione mi fa venire una voglia matta di leggerlo e non vedo decisamente l'ora di farlo! Quale ritieni sia la differenza sostanziale (o le differenze se più di una) tra "Il cavaliere d'Africa" e "Amore e guerra"?
Dunque, le differenze tra i due romanzi... "Amore e guerra" ha come sfondo la guerra civile rwandese tra hutu e tutsi, quindi i caratteri "drammatici" sono scatenati proprio dal conflitto. Per quanto riguarda "Il cavaliere d'Africa" invece, Selene va ad inserirsi in un contesto apparentemente tranquillo, dove la gente va in vacanza e si diverte. Ed è proprio in quelle situazioni che lei scopre crudelmente la povertà celata al di là del mondo vacanziero d'illusione. Siria di "Amore e guerra" è già consapevole delle ingiustizie che vi sono in Africa, mentre Selene de "Il cavaliere d'Africa" no, le scopre pian piano e ne rimane sconvolta. E poi un'altra differenza importante credo sia la storia d'amore. Mentre tra Siria e Ian sboccia tutto velocemente sotto la pressione e l'incertezza della guerra, tra Selene ed Edward il rapporto si sviluppa con la reciproca conoscenza, alla scoperta di un mondo d'appartenenza ben diverso da quello dell'altro quindi che necessita anche di comprensione.
- Io lo so che i libri sono come nostri figli e che spesso e volentieri li amiamo tutti allo stesso modo (anche se per quanto mi riguarda questo non è vero), ma non riesco proprio a resistere alla tentazione di una domanda: hai una preferenza tra i tuoi due romanzi? O meglio, ti è per caso capitato di "amarne" di più uno rispetto all'altro?
- Hai dunque vissuto delle esperienze di volontariato in Africa. Ci racconti un po' dove sei stata, di che cosa ti occupavi e di come tutto questo ha eventualmente cambiato il tuo modo di vivere e di vedere la vita?
Certamente. Sono stata in Kenya, precisamente a Malindi, in una scuola professionale per giovani studenti kenyoti. Ho lavorato come insegnante di lingua italiana dato che la zona di Malindi è a prevalente turismo italiano. I ragazzi studiavano per diventare receptionist, cuochi e donne delle pulizie e puoi comprendere come, in un ambiente segnato purtroppo dall'ignoranza e dalla povertà, la possibilità di studiare per svolgere un lavoro dignitoso fosse molto importante per quei ragazzi che provenivano da villaggi di capanne. Loro erano felicissimi dell'opportunità che gli era stata donata e non volevano mai fare pause dagli studi, consapevoli dell'importanza dell'istruzione, cosa che invece noi etichettiamo come scontata e a volte persino una seccatura. Dal punto di vista umano però devo dire che sono stati loro ad insegnare qualcosa a me: la gioia di vivere, la speranza nel futuro, l'umiltà e la fratellanza. Nei momenti liberi dalle lezioni poi ho visitato anche i territori limitrofi, comprese "fabbriche" e orfanotrofi. Ciò che ho visto lì mi ha davvero cambiato la vita, ho visto l'Africa, quella vera, vissuta, non quelle delle belle foto in cartolina. Tornata in Italia ho cominciato a vedere tutto in un'ottica diversa, ad apprezzare ogni cosa che prima reputavo normale, a essere grata per ciò che ho. E ho sentito anche il bisogno di raccontare agli altri ciò che ho visto e sentito, affinché la mia esperienza sia spunto di riflessione per chi in Africa non ci è mai stato. Da qui ho cominciato a scrivere.
- Grazie mille, Ilaria, per questa possibilità che ci dai. Vivendo nei nostri "mondi perfetti" effettivamente è difficile comprendere realmente la situazione in cui si vive laggiù, e c'è davvero bisogno di qualcuno che ci racconti la verità. Dunque - e so che è una domanda che probabilmente ti avranno fatto milioni di volte - soffri il famoso "mal d'Africa"?
- So che hai una famiglia e dei bambini. Come pensi di comunicare e sensibilizzare i tuoi figli, quando saranno cresciuti, sulla situazione di quei posti lontani e così "diversi" dai nostri? Vorresti trasmettere loro, in qualche modo, questo amore? Qual è secondo te il modo migliore per farlo?
Senza dubbio cercherò di trasmettere loro questa "conoscenza" che va oltre il limitato confine del nostro mondo "ricco". Ovvio che gliene parlerò seriamente quando saranno in grado di capire, quando saranno pronti a leggere i miei diari di viaggio. Nel frattempo, sin da bambini, mi impegnerò per insegnare loro a non sprecare nulla, ad apprezzare il valore dell'istruzione, a non essere eccessivamente bizzosi - e questo difficile in quanto bambini - o legati alle cose materiali. E poi, non appena sarà possibile - certo dovranno crescere un po' - vorrei portarli con me in un viaggio in Africa perché solo toccando con mano potranno realmente rendersi conto di cosa parlo, perché anche se ancora bambini potranno assorbire ogni esperienza di quel viaggio, anzi forse più sensibili proprio perché bambini. Tutto questo non perché debbano diventare missionari in Africa ma perché diventino persone rispettose della vita e coscienti delle opportunità che hanno ogni giorno. Soprattutto senza pregiudizi verso gli altri, pregiudizi che, in special modo negli ultimi tempi in seguito all'accoglienza degli emigranti nordafricani, hanno scatenato un'ondata di razzismo e astio verso ogni tipo di straniero. E la cosa mi fa soffrire immensamente perché - concedimi lo sfogo - è facile etichettarli come criminali e disonesti standosene seduti sul divano di casa, senza conoscere la realtà. Perché invece di giudicare, non ci si chiede perché quella gente abbandona famiglia, amici, la propria casa, la propria terra, ogni sicurezza della propria vita, per affrontare un viaggio - che non si sa neppure se giungerà a termine - su una barca stracolma, verso un luogo del quale non si conosce neppure la lingua? Perché nessuno di noi pensa neanche lontanamente di fare una cosa del genere? Ecco, vedere e conoscere ciò che quella gente lascia alle spalle, da cosa fugge, prima di prendersi l'autorità - data da chi poi - di dire "rimandateli indietro". Vorrei che un giorno i miei figli fossero intelligenti e colti abbastanza da comprendere queste cose e, perché no, aprire la mente chiusa di altri.
- Hai perfettamente ragione, e io spero che insieme ai figli tuoi, tutte le nuove generazioni aprano la mente sempre più facilmente verso queste problematiche. Sicuramente i tuoi bambini sono molto fortunati ad avere una madre che, avendo vissuto sulla sua pelle le esperienze africane, ha le idee chiare su che cosa e come insegnare loro. Per tornare al tema dei tuoi scritti, invece, so che la tua attività non si limita solo ai romanzi, ma hai anche pubblicato racconti brevi e hai in attivo tra l'altro la partecipazione a un concorso molto interessante, dove la tua opera si è piazzata in mezzo a quelle finaliste. Ce ne vuoi parlare?
- Le tue risposte mi tengono sempre incollata allo schermo con fervido interesse :). Ti ringrazio moltissimo Ilaria per aver risposto a questa intervista, ed è vero: il risultato raggiunto al concorso è già un bellissimo traguardo, ma ovviamente io ti faccio un sincero in bocca al lupo affinché il tuo sia il romanzo vincitore! Pubblicare con Feltrinelli sarebbe stra-fantastico! Alla prossima cara “collega 0111” :).
E rispondere alle tue domande è stato davvero molto piacevole, te ne sono grata! E per il concorso... crepi il lupo! Un saluto a tutti i tuoi lettori!
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Per contattare l'autrice:Pagina FB su "Il Cavaliere d'Africa"Pagina FB su Ilaria come scrittriceIl blog di Ilaria
Simona
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