Chiuso per Lutto
Oggi sul mio viso c’è un’espressione triste, nei miei occhi tanto dolore e sul mio braccio una fascia nera in segno di lutto per la perdita di un uomo che conoscevo da poco tempo ma che in questi ultimi quattro anni è stato il mio “fornaio ma non solo” di fiducia. Non era un mio parente ma per è stato come se lo fosse. Non parlava molto, ma è stato come se lo facesse di continuo. Tutti i giorni, la mattina, il pomeriggio, la sera, lo andavo a salutare al forno sotto casa. “Ciao Oriano, come va? Oggi è giovedì, ci sono gli gnocchi e la trippa? Domani pesce? Ce l’hai il pane fresco? I polli li stai arrostendo allo spiedo (alle dieci di mattina!)? Me lo dai un supplì?”. E lui, con una voce squillante tipo quella di un’autista di carretto dei gelati, o come l’arrotino del quartiere, mi rispondeva: “Buongiorno ragazzo! Che ti dò? Supplì? Subito! Riscaldo?”. Era genuino, un uomo di provincia di cinquant’anni che ha iniziato a lavorare troppo presto. Credo che fosse analfabeta, perché un giorno, quando ci mettemmo a preparare un preventivo per un buffet, si vedeva che non conosceva le lettere, scriveva la z al contrario, le doppie non esistevano, metteva spesso le “i” al posto delle “e”, o delle “a”, tipo pizzette, scriveva “pizzitte”, panini diventavano “pinini”, ma lui si capiva lo stesso perché era abituato. Il segno dell’euro lo sbagliava sempre, tranne quando lo copiava dalla calcolatrice. Però dopo quarant’anni passati alla cassa, tutti i giorni dalle 6 di mattina alle 9 di sera, era diventato un fulmine con i conti. A Oriano non lo fregavi mai, con l’esperienza maturata sul campo avrebbe preso la laurea in economia. Ricordo un episodio che non dimenticherò mai. Era il 31 dicembre del 2008. L’ultimo giorno dell’anno. Erano le 9 di sera. Tutti i negozi, bar, pizzerie erano ovviamente chiuse, l’unico posto ancora aperto era l’Angolo dei tre falchi, più comunemente conosciuto col nome di Il Papero Giallo di Piazza Sempione, o semplicemente il forno di Franco, Tonino e Oriano, evidentemente erano loro i tre falchi personificati. Dovevo andare a casa di amici per il cenone e la moto, magicamente, forse per colpa del freddo, non partiva. E prova e riprova ma nulla. Sarei rimasto per ore e forse non sarei mai arrivato dall’altra parte di Roma senza l’aiuto prezioso di un piccolo uomo che stava per chiudere la saracinesca e mi fa: “Mò la mettiamo in moto con i cavi elettrici che c’ho in macchina, li vado a prendere”. In “quattroequattrootto” la moto è rinata. Grazie Oriano e buon anno! Purtroppo a lui i cavi non sono bastati a farlo riprendere. Ma lui non è una moto. Come e perché un tumore ai polmoni si estende al cervello provocandoti un ictus all’improvviso, ti prende a cinquant’anni e in tre mesi ti annienta? Inutile stare ad analizzare le dinamiche e le motivazioni medico-scientifiche del caso. Perché non era possibile fare la chemioterapia, perché non era possibile far nulla. In due mesi e mezzo ci ha lasciati. Non ce l’ha fatta. Il mio pensiero ora va alla famiglia, perché sono sicuro che starà soffrendo, e se aveva moglie e figli, e se probabilmente aveva un figlio della mia età, io penso a lui e voglio dirgli di essere orgoglioso di suo padre, che nella vita è stato un grande lavoratore, non l’ho mai visto fermarsi un attimo, prendersi un giorno di ferie, di riposo, sedersi su una poltrona. Sempre pronto, sempre attivo. Ma sono sicuro che i suoi familiari sono già orgogliosi di lui, e lo sono anch’io. Un caro saluto Oriano. Grazie di tutto! Sembra una banalità ma per me non lo è, e tu lo sai: “I supplì non saranno più li stessi senza di te!”. Ti ho voluto un gran bene. Ciao Oriano!
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