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Ciao Piero

Creato il 07 gennaio 2016 da Marcopress @gabbianone

Me ne ha raccontate così tante, e così grosse, che ne ho potuto scrivere poche. Alcune volte, confesso, quando squillava il telefono e compariva il suo nome, ho pensato «uff, mi tocca lavorare». Ogni volta si sarebbe dovuto raccontare, ogni volta era una notizia.
Abbiamo parlato di vestiti, ristoranti, Austria, Germania, guerra, Guerra, vini. Poi faceva spuntare Friulia e Mediocredito. Gli uscivano dal bavero, non riusciva a trattenersi.
Condividevo sostanzialmente tutto quello che diceva. Anche sul governo Monti, mentre il sindaco di Udine, quello vero, lo difendeva. Erano dibattiti sinceri, non convegni sponsorizzati. Solo una volta non fui d’accordo su un giudizio negativo su un collega (mio, sui colleghi suoi c’era poco da obiettare). Glielo dissi, ordinò altri due rossi.
Era passato al rosso. I bianchi li aveva preferiti in una fase precedente. Avremmo dovuto andare al Bacaro Risorto in via Aquileia, non ci fu mai l’occasione: io sempre centrale, lui sempre già in centro. Ma me ne parlava con passione. Pesava il rapporto qualità/prezzo come nessun altro.
Si preoccupò per mesi, per anni, che una sua carta mi avesse creato dei casini. Che mi avessero pedinato (me!). Che mi avessero fatto domande spaccandomi le palle per aver fatto il mio mestiere. «Piero, non ti preoccupare, basta essere hombre vertical», gli dissi. Esattamente come era lui. Si rasserenò. Quando il pedinatore fu steso da una parola – archiviato – festeggiammo a bolla.
Ci siamo visti l’ultima volta un mese fa. Ha fatto le solite domande, non capiva perché mancassero alcune informazioni. Anzi, lo capiva benissimo. Non capiva perché non le comunicassero. Dove finisce il diritto alla riservatezza sulla cosa pubblica?
Mancheranno le notizie, ma soprattutto le idee. Ti sia lieve la terra, Piero (cit.).

Il 23 ottobre 2012 scrivemmo Harduini.



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