Sandro faceva il macchinista per armatori privati, ovvero si rinchiudeva nella sala macchine di navi enormi imprecando in 8 lingue diverse, in quanto il pezzo era sempre troppo usurato e bisognava imparare l’arte dell’arrangiarsi. Il padre gli aveva detto di andare in Marina, ma l’armatore privato pagava meglio e quindi, affascinato dall’avventura, partì. Questa è la storia di Sandro, buona lettura a tutti.
Sandro ha visto tutte le città del mondo (ovviamente i porti) e ogni volta che veniva nella soffocante calura emiliana ci raccontava di ciò che aveva visto. Storie che se le portava via il vento, sempre con quel pizzico di romanzato per renderle più interessanti, sicuramente appassionanti. Aveva 2 passioni oltre al mare, e cioè la musica e i computer.
Fu lui il mio precettore su Photoshop (ecco spiegata l’iconologia sovrastante) e mi guidò nella scoperta di questo programma dalle infinite possibilità. Nonostante l’aspetto roboante (1 metro e 90 per una novantina di chili) aveva due spalle ben scolpite a causa degli anni di nuoto svolti da giovane.
Partire è un po’ morire, dicono. Nel suo caso ciò gli ha impedito di costruirsi una famiglia vera, dovendo sempre salpare per qualche nuovo porto: se quando sei giovane non ti pesa, verso i quaranta vorresti fermarti nella tua Genova e aprire con i soldi risparmiati una piccola attività.
Andò a lavorare con un amico che vendeva il pesce freschissimo, con tanto di cassette stracolme di ghiaccio in bella vista. La crisi (come era prevedibile) colpì anche la sua attività e gli diede il ben servito con un sms, cosa che lo fece davvero inalberare. Arrivederci e grazie.
Un altro sogno era il taxi, ma tra licenza e auto ci sono spese salatissime, una specie di barriera che impedisce l’entrata a nuovi tassisti. In casa sua regnava la musica, pareti piene di LP e CD a testimonianza del grande amore che aveva verso questa regina dalle suadenti note. Mentre giro per casa mi accorgo di non avere nemmeno una foto sua o con lui, tanto prima che succeda qualcosa si dice sempre, c’è tempo…
Questa volta il tempo non c’è stato. Sandro è stato trovato morto nel suo appartamento, infarto fulminante. Nemmeno il tempo di un’ultima telefonata, di una pacca sulla spalla, di una scrutatina sotto quelle sopracciglia nere come la pece e quelle braccia grosse come due delle mie gambe, di un commento sfuggente sulla sua Inter che tanto amava (ma che, fino a qualche anno fa, tanto perdeva).
L’ho visto regolarmente dalla mia adolescenza in poi, in quanto prima con i continui spostamenti marittimi era difficile che venisse a mangiare due tortellini da mia nonna: una volta all’anno veniva con i suoi genitori e ci si raccontava.
Storie buffe ed ironiche a volte, come quella del gran capo che voleva assolutamente un certo prodotto, sbarca, lo acquista e se ne vanta con tutti. I marinai gli chiedono di vedere l’acquisto e si scopre che è stato solato, come si dice a Roma, ovvero ha pagato una barca di quattrini per una ciofeca.
Questo articolo è dedicato a lui, alla sua serenità e a tutte le risate che mi ha regalato in questi anni.
Per concludere alla sua maniera… Belin, che mortorio! Animo gente!
Marco