Ciarlatani d’Italia

Creato il 23 aprile 2014 da Giovanniboaga
Una parola, una città, una storia

Bernardino Mei Il Ciarlatano

Tutti i giorni ci imbattiamo, attraverso la lettura di qualche periodico o la visione di alcune trasmissioni televisive, con imbonitori e imbroglioni di ogni specie, da chi ci promette vincite favolose in denaro a chi ci assicura dimagrimenti senza fatiche o, peggio, guarigioni rapide da mali incurabili.
Tutti i giorni si compiono centinaia di reati di circonvenzione d’incapace, truffa, estorsione, esercizio abusivo della professione medica, abuso della credulità popolare e pubblicità ingannevole. Secondo il Rapporto Italia 2010 dell’Eurispes si stima in 155.000 il numero dei soli sedicenti maghi, astrologi e cartomanti, con un fatturato che si aggira sui sei miliardi di euro annui. E in tempi di crisi l’unico settore che sembra avvantaggiarsi è proprio quello dei ciarlatani.
Per non lasciarci prendere dallo sconforto, sballottati come siamo tra un sentimento di pena nei confronti di chi in difficoltà, anche molto gravi, cade preda di questi mascalzoni e un moto di rabbia per quanti continuano a considerare queste pratiche “innocui passatempi”, conviene convogliare la nostra attenzione sulla parola ciarlatano e sulla sua etimologia che presenta aspetti interessanti.

Bartolomeo Pinelli Il Ciarlatano in piazza


È il fiorentino Vespasiano da Bisticci, umanista e libraio del Quattrocento, noto soprattutto per aver contribuito alla creazione Biblioteca Laurenziana voluta da Cosimo de' Medici e aver formato quella di Federico da Montefeltro, ad attestare l’uso del termine ciarlatano già nell’Italia del XV secolo. Parola che deriva probabilmente dall’incrocio lessicale tra i termini ciarla, quindi chiacchiera, pettegolezzo, e cerretano, cioè abitante della città castello Cerreto di Spoleto, nell’umbra Valnerina.
Infatti, a seguito della terribile “peste nera” che colpì l’Europa intorno alla metà del XIV secolo e che sterminò un terzo della sua popolazione, gli abitanti di Cerreto furono autorizzati a chiedere l’elemosina per poter ricostruire e riattrezzare gli ospedali andati in rovina. Si ponevano come mediatori tra i ricchi e i poveri, tra chi approfittava dell’opportunità di perdono dei propri peccati attraverso la beneficenza e chi affollava gli ospedali senza avere nessuna possibilità di pagarsi le cure.

Dujardin Karel Les Charlatans italiens


Quest’attività meritoria lasciò il passo, ben presto, a truffe e raggiri. I cerretani arrivarono a intascare parte del ricavato o, addirittura, a chiedere l’elemosina fingendosi affetti da gravissime malattie. E non solo questo. Millantando competenze mediche dispensarono, in lungo e in largo per la penisola (e anche oltre i suoi confini), consigli sulla salute e diagnosi di malattie. Nelle pubbliche piazze praticarono estrazioni di denti e svilupparono l’abilità di fingersi speziali, vendendo rimedi e unguenti decantati come miracolosi e buoni per ogni malanno. Una vera e propria professione dell’inganno e dello sfruttamento a fini di lucro dell’ingenuità delle persone e della loro buona fede.
«Esercitano questi uomini d'andar per il mondo vendendo il Zafferame et pepe et altre spetiarie, coralli como anco una certa sorte d'herba che chiamano corallina, qual ridotta in polvere vendono per dar ai putti per scacciar i vermi [...]» scrive il trattatista Cipriano Piccolpasso nel 1565, e non è il solo esempio nella letteratura del Cinquecento dove si parla dei cerretani e di «quel costume che hanno di andare a torno accattando o cialtronando». Speculum Cerretanorum di Teseo Pini e Il vagabondo ovvero sferza dé i vagabondi di Raffaele Frianoro sono due opere dove l’industria della questua e l’attività di medico da piazza degli abitanti di Cerreto viene descritta con dovizia di particolari. E lo stesso Machiavelli nel capolavoro La Mandragola fa usare al protagonista, Callimaco, il termine cerretano per indicare, appunto, un falso medico.

Pietro Longhi, Il cavadenti, 1750

Ai nostri tempi, nel mese di agosto, a Cerreto di Spoleto si organizza la Sagra del Ciarlatano, una festa dove, oltre a gustare i piatti tipici della gastronomia umbra, si ha l’occasione di conoscere la storia e il folklore del luogo attraverso spettacoli teatrali e mostre tematiche. Una bella iniziativa che potrebbe ispirare i nostri legislatori, incapaci di stimolare in Italia la diffusione di una cultura scientifica che spunterebbe le armi ai ciarlatani contemporanei, suggerendo loro di rinunciare definitivamente al finanziamento di qualunque attività di tipo scientifico e di istituire una manifestazione che celebri esplicitamente le tante professionalità diffuse sul territorio di astrologi, maghi e guaritori di vario tipo: la Festa Nazionale del Ciarlatano.
pubblicato su
Cronache Laiche
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