Cibo e nativi nordamericani 1

Creato il 22 gennaio 2015 da Davide

Parlare dei cibi consumati dai nativi americani (NA da ora in poi) è un compito immane, anche se al lettore medio europeo o italiano questa affermazione può sembrare strana. La visione che il lettore medio europeo ed italiano ha dei NA è quella di un unico popolo suddiviso più o meno in tribù dal punto di vista organizzativo, ma sostanzialmente unitario da quello degli usi e costumi. In questa visione stereotipa e razzista dei NA come un unico “grande popolo”, alimentata dalla letteratura popolare western (per l’Italia citeremo Salgari e il Tex Willer di Bonelli), dal cinema Hollywoodiano, dai wurstel e spaghetti western e da tutta la retorica New Age che abbonda di romantiche quanto fantasiose immagini di NA come sfondo di motivanti pseudoecologici messaggi, e non da ultimo dagli stessi NA che grazie alla visione angelicata hanno fatto soldi a palate, i NA sono raffigurati come gran mangiatori di carne di bisonte fatta ovviamente alla griglia. Punto. Nulla di più falso. Per fare un esempio sarebbe come se noi presentassimo una varietà di popoli come gli europei come mangiatori di lasagne o di crauti e basta. Alte grida si leverebbero dall’Atlantico agli Urali, da Capo Nord a Capo Passero.
Questo è tanto più vero per i NA che abitavano il continente nordamericano con gruppi appartenenti ad almeno 7 philum linguistici più un’altra numerosa serie di etnie appartenenti a philum linguistici non ben determinati. Questi gruppi linguistici diedero (e danno) vita ad almeno 500 entità organizzate che spaziavano da piccoli aggregati di pochi unità familiari (bande) , entità organizzate più vaste (tribù) fino a strutture piuttosto complesse (Confederazioni, Principati, Potentati e addirittura “imperi”). Queste entità politiche organizzate, che qui chiameremo con la parola generica di Nazioni Indiane – dove la parola ‘nazione’ non ha il significato politico che ha nella storia europea, ma solo quello di ‘gruppo di nativi di (luogo)’, dal latino ‘natus’ (nato), quindi la ‘nazione’ è semplicemente il gruppo di ‘nati’ in un luogo geografico e la parola “nazione”, in questa accezione, aveva significato anche a livello legale fino alla fine del Rinascimento e si estende anche al regno animale– si diffusero e abitarono/abitano un intero continente che presenta le seguenti aree “ecologiche-culturali”: Artico, Subartico, Costa Nordoccidentale, California, Plateau (Altipiani), Grande Bacino, Plains (Grandi Pianure), Prairies (Praterie), Nordest, Sudest, Nordovest del Messico e Bassa California, Sudovest, Meso-America (dal Messico all’Istmo di Panama). Queste regioni spaziano climaticamente dalle distese di pack ghiacciato dell’Artico ai deserti dell’Arizona e del Sonora, dalla foresta pluviale Nordica della British Columbia alle foreste decidue della Virginia e delle Caroline, dalle grandi pianure lungo il sistema fluviale Mississippi-Missouri e i loro affluenti alle paludi della Florida. Va da se che ognuno di questi ecosistemi contiene al suo interno dei sottoecosistemi e che gli animali e le piante indigene o cultivar che possono fornire del cibo variano enormemente.
In una tale varietà di ambienti climatici ed ecologici non poteva portare che a una differenziazione spinta delle fonti di cibo e pertanto a una notevole vanità alimentare, ci sono comunque alcuni fattori culturali che rimangono comuni presso tutte le nazioni indiane del Nord America: la prima è che a parte il cane (solo raramente mangiato e in genere per motivi rituali) e il tacchino, i NA non impararono mai ad addomesticare gli animali e, nel caso del tacchino, che era addomesticato nel sud-est e nel sud-ovest, in quest’ultima regione esso non veniva mangiato, ma allevato per le penne.
La mancanza di allevamento di bovini e ovini fa sì che i NA mancarono totalmente dei latticini nella loro dieta (latte, yogurth e formaggi) ovvero molti dei prodotti secondari della rivoluzione neolitica (i prodotti secondari sono: latte, lana, trazione animale, cavalcature e trasporto di merci col basto) con le conseguenze sociali ed economiche che ne conseguirono.
Contrariamente a quanto si crede il bisonte, per esempio, è addomesticabile come ogni altro bovino ed infatti oggi esso è allevato in modo intensivo nei ranch dentro le riserve indiane e le bistecche di bisonte sono ovviamente offerte come leccornia locale nei menù dei casino dei NA, anche in zone dove il bisonte non esisteva affatto o era praticamente estinto in epoca precolombiana. Il caribou, o renna americana (ufficialmente nel burocratese del governo canadese il caribù è una “renna allo stato selvaggio” mentre la renna è un “caribou addomesticato”), non venne mai addomesticato né dai gruppi dené, né dagli inuit/yupik i quali si sino dimostrati riluttanti a farlo fino agli anni 2000, malgrado le tradizionali risorse alimentari stessero scomparendo. A differenza dei Sami (noti in Italia come Lapponi), dei Samoiedi e dei Chukchi siberiani che allevano le renne o come produttrici di latte o per il trasporto delle slitte, nel continente americano il caribou è sempre stato visto solo come cacciagione. Numerosi esperimenti di insegnare ai nativi alaskani l’allevamento delle renne, anche con l’aiuto di esperti sami che accompagnavano i capi di bestiame acquistati dal governo federale, si dimostrarono fallimentari. Solo con l’arrivo del 3° millennio pare che qualche cosa si sia mossa, anche se vi sono ancora molte resistenze.
La mancata addomesticazione degli animali ha creato notevoli problemi di sopravvivenza alle popolazioni indiane in epoca precolombiana e in seguito. Non è un caso che la maggioranza dei miti tribali sotto tutte le latitudini e in genere tutti i miti degli eroi culturali comincino con una carestia, cui il protagonista eroe miologico pone fine attraverso un percorso magico e l’istituzione di una appropriata cerimonia. La carestia e non l’abbondanza è la condizione di vita naturale sia dei popoli cacciatori/raccoglitori che di quelli agricoltori del Nord America. Una triste considerazione per società come la nostra che stanno cercando di tornare all’agricoltura naturale e biologica vegetariana.
Questo stretto legame tra produzione di cibo e cerimonia religiosa permea tutta la “cucina” dei NA. Non dobbiamo assolutamente pensare che il rapporto dei NA con la natura (intesa come selvaggina o piantine di mais) fosse ecologico. Il rapporto era assolutamente animistico, ovvero il mondo naturale è inteso come abitato da spiriti in ogni sua manifestazione, spiriti che sono nel migliore dei casi indifferenti, ma spesso malevoli e comunque permalosi e che perciò non vanno fatti “arrabbiare”.
Analogamente non c’era il concetto di incremento demografico di una specie. Generalmente (anche qui considerando che stiamo parlano di più di 500 nazioni il termine “generalmente” è piuttosto grossolano) nelle società di cacciatori – raccoglitori si credeva che il numero degli animali creati dall’entità creatrice fosse finito e che questi si reincarnassero, una volta uccisi, per farsi uccidere di nuovo. Stante che nella mentalità animistica il numero degli animali era sempre lo stesso, l’eventuale penuria di prede era sempre dovuta alla rottura di un tabù sia da parte di un individuo che da parte del gruppo. Molti di questi tabù riguardavano per esempio l’abbinamento dei cibi: presso gli inuit era proibito mangiare insieme carne di animali terrestri come il caribou e carne di animali marini come pesce, foche o balene. La rottura di tale tabù avrebbe portato la morte al gruppo e il trasgressore, se scoperto, veniva messo subito a morte. La pena capitale per chi infrangeva i tabù alimentari perdurò fino agli anni Sessanta/Settanta, ma non è escluso che venga segretamente praticata ancor oggi.
Un altro aspetto piuttosto frequente era il parallelismo magico tra la donna (in genere la moglie) e la preda. La donna che cuciva le pelli del kayak, ad esempio, eseguiva il lavoro con addosso la parka impermeabile in modo che il suo odore non impregnasse l’imbarcazione e mettesse in allarme le prede. Analogamente la cucitrice che per caso lasciasse cadere un capello mentre cuciva la parka del marito scatenava l’ira delle foche o dei pesci. Gli spiriti delle foche uccise si sarebbero lamentate della sciatteria del loro uccisore nell’aldilà delle foche e avrebbero convinto le altre a non farsi catturare dal quel cialtrone ma a preferire un altro cacciatore più rispettoso.
Analogamente la moglie del capo baleniere presso i nativi della Costa Nord Ovest era metafora della balena e pertanto durante la caccia era soggetta a molti tabù come ad esempio stare seduta rivolta verso la parete di fondo della casa (che guardava verso le montagne mentre la parete davanti dava sulla spiaggia) in modo che la balena imitandola si dirigesse verso riva e non al largo. Ella inoltre doveva mangiare solo cibi molto grassi in particolare il candlefish, un pesce così ricco d’olio che veniva anche usato come candela, in modo che la balena fosse grassa, né si doveva pettinare i capelli per timore che aggrovigliando i capelli potesse aggrovigliare le funi degli arpioni.
Come si vede non solo tra i NA era un problema serio procurarsi da mangiare, ma una volta procurato, il cibo veniva consumato in modo cerimoniale e a seconda del rango. In tutte le cacce comunitarie come la cattura di una balena, o la grande caccia annuale al bisonte, o le feste del raccolto tre gli indiani del sud-est la distribuzione del cibo non era paritaria, ma la parte più importante o prelibata spettava al capo della spedizione o al padrone/padrona del campo o degli attrezzi. Così presso i Coast Salish il primo che colpiva l’animale riceveva il posteriore e la testa, il secondo una pinna, il terzo l’altra pinna, il quarto la schiena, il quinto il collo e agli altri andavano le parti del ventre. Ogni arpioniere divedeva la sua parte con il suo pagaiatore. Presso i balenieri dell’Artico la parte maggiore della balena non andava all’arpioniere ma al capitano della ciurma che era anche il proprietario della barca.
Da quanto detto è evidente che parlare di un’unica cultura culinaria tra i NA è impossibile. Possiamo qui fare uno spartano riassunto in base alle aree geografiche citando il tipo di cibo più comune.
(segue)

Regioni culturali dei popoli Nativi Americani


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