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cibo per l'ego...

Creato il 09 novembre 2012 da Omar

cibo per l'ego...

[...] La svolta truculenta dimostra con efficacia la volontà, da parte dell'autore, di utilizzare gli stilemi della letteratura "di genere" (in questo caso il cosiddetto pulp, una filiazione popolare del noir che prevede largo uso di effettacci sanguinolenti) per esprimere le ragioni di un dissenso che ci vuol poco a considerare emblematico: siamo infatti dinanzi ad un povero bifolco alienato che reagisce coi propri mezzi (violenti e sconsiderati) nei confronti di un provvedimento ritenuto ingiusto. Ovviamente, la scelta violenta di Pietro Lu Sorgi non può essere in alcun modo giustificata ma, nella provocatoria prospettiva etica che il romanzo cerca di imbastire, si scoprirà che l'azione delittuosa del vecchio eremita per quanto deprecabile e folle non è da ritenersi in assoluto la più biasimevole.
Dopo averla evocata più volte nell'introduzione del romanzo, finalmente compare la figura di Don Titta Scarciglia: l'uomo è in compagnia di un giovane ospite, un ventitreenne efebico e fresco di laurea col quale il vecchio si attarda a cenare. Scopriamo che il ragazzo viene dalla Campania (altra regione, come e più della Puglia del romanzo, soggetta ad un lento e irrimediabile disfacimento) ed è giunto al cospetto di Don Titta in attesa di un posto di lavoro alle sue dipendenze, ma ben presto le reali intenzioni del palazzinaro verranno allo scoperto: egli è anche un maniaco sessuale che si serve dei suoi contatti per abusare di giovani bisognosi. "Io non ho fatto niente, piagnucolò. Questo lo dici tu, gioia, è la mia parola contro la tua, e io sono uno parecchio influente da queste parti". Il ragazzo è in trappola e alla fine, pur provando un estremo ribrezzo, si vede costretto a cedere alle perversioni del vecchio. Nelle prime pagine del romanzo la figura di Don Titta non era stata presentata sotto la migliore delle luci e, a questo punto, la dimensione profondamente malvagia del personaggio è ormai acclarata. Al solito, Di Monopoli approfitta di stilemi che attengono a culture "basse" (in questo caso Don Titta è dipinto come il classico villain di un fumettaccio) per parlarci di realtà. La tematica dei ricatti sessuali è infatti tristemente attuale e, purtroppo, diffusa sia in ambiti lavorativi che universitari. "Tornerai a casa, e sarà solo un segreto in più da conservare..." anche se alla fine del romanzo ci renderemo conto che alcune cose non possono essere "conservate"...

cibo per l'ego...

Nell'intera struttura romanzesca si contano davvero sulle dita di una mano le figure positive, e anche quando queste ultime vengono proposte come tali l'autore si premunisce di farcene conoscere le taciute turpitudini morali: è ad esempio il caso del guardiacaccia. Per quanto infatti Nico appaia come una "figura buona", man mano che si procede con la lettura ci si rende conto che anche lui cela qualche scheletro nell'armadio. Si nasconde per contemplare le coppiette che si appartano, il suo sonno è spesso tormentato da incubi terribili, e "tutte le superfici occupabili, nella piccola casa dai muri graffiati di muffa e salmastro", sono "strapiene di lattine di birra vuote e posacenere zeppi di cicche". Nico, come Pietro Lu Sorgi, è un solitario che si porta appresso una qualche difformità dell'animo, o comunque una rabbia malamente gestita, qualcosa che lo porta ad estraniarsi dal Mondo, cedendo al vizio dell'alcol (e conseguentemente, all'autobiasimo). [...]

Da I romanzi di Omar Di Monopoli
Tesi di laurea di Cinzia Lo Cicero

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria
Università di Bari


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