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Cibo per la mente o carta straccia?

Creato il 16 gennaio 2011 da Cinzialuigiacavallaro

Posto qui il link originale ad un articolo apparso su Repubblica che, insieme a questo video tratto dal sito di Scrittorevincente.com, mi aiuta a riflettere un po’ sul mondo dell’editoria, sebbene questo post non ha il carattere della relazione il più possibile esaustiva sull’argomento.

Partiamo dal video anni ’60:

 

 

molto interessante, in bianco e nero e che mi riporta alla mia adolescenza, alla lettura dei libri di Cassola e ad un Milano radicalmente diversa. Bello vedere anche i fondatori della maggiori case editrici che parlano e che ci raccontano una storia che è però ancora molto attuale: il cronista riflette sul mondo dell’editoria dell’epoca e commenta:

…naturalmente gli editori puntano soprattutto su alcuni libri, ma non sempre è possibile stabilire un rapporto automatico tra successo e lancio più o meno aggressivo e clamoroso…

 

Quindi, nulla di nuovo, a tavolino vengono scelti i pochi libri su cui puntare e gli altri graviteranno nel universo editoriale come loro satelliti.
Giulio Einaudi in persona, con molta sincerità e disincanto, cita l’importanza del “valore del prodotto”.  Già, quindi sì, il libro è un prodotto, culturale certo, ma sempre di prodotto si tratta. E nel servizio televisivo si continua, scoprendo ― udite udite ― che già negli anni ’60
“l’industria editoriale cambia articolo quasi ogni giorno”
Ed ora facciamo un salto diretto ai giorni nostri. Dall’analisi fatta non ci sono molte differenze, se non il numero di case editrici presenti e, di conseguenza, il numero di libri pubblicati. Nelle librerie ci finiscono i libri top delle classifiche, quelli su cui puntano gli editori maggiori e gli altri sostano sugli scaffali, se sono fortunati, per qualche settimana. Poi però, alcuni degli stessi editori che intervengono nell’articolo di Repubblica, sembrano darci una speranza. Ed ecco che si apre uno squarcio di luce in questo universo oscuro ed affollato. E ci si può rincuorare con riflessioni di questo tipo:

 

Ci sono libri che possono essere apprezzati solo in tempi lunghi e sarebbe impossibile riconoscere la novità rappresentata da Calvino in una manciata di giorni

e ancora

Il libro ha un valore, invece: deve essere trattato con rispetto proprio perché ha bisogno di maturare. [...] un libraio deve saper riconoscere il valore di un libro indipendentemente da quanto vende: se a uno scrittore giovane dai fiducia, devi tenerlo. E non può mancare, in nessuna libreria, un testo di Calvino. Anche solo una copia.

Cibo per la mente o carta straccia?

 

Che conclusioni dobbiamo trarne? Come un buon vino il libro può decantare in libreria per poi un giorno venir aperto e ubriacarci di belle parole e profondi pensieri? 

Quest’articolo lo voglio concludere così, in maniera aperta con domande alle quali io stessa non riesco a dare risposte certe e, per quanto possibile, definitive. E riguardo a Calvino me lo sono cercato negli scaffali della mia libreria questa mattina e me lo sto rigustando; un libro che mi folgorò negli anni ’90: Lezioni americane. Sei proposte per il nuovo millennio. Quanto era profondo e lungimirante! E’ vero, un suo libro non può mancare.


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