Magazine Diario personale
Ma chi era Ciceruacchio e quale episodio rappresenti la statua pochi lo sanno. E allora parliamone, di Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio forse per sottolineare (da Cicero) la sua abilità nel parlare. Era un oste (inteso come commerciante di vini), un uomo del popolo, cordiale, spavaldo ed al tempo stesso ingenuo, benvoluto da tutti e che, diventato un agiato commerciante, si mostrò sempre generoso e disponibile verso il prossimo, distinguendosi nella epidemia di colera che afflisse Roma nel 1837. Quando Pio IX salì al soglio pontificio, nel 1846, e aprì ad alcune concessioni che fecero ben sperare la gente, Ciceruacchio diventò giocoforza il rappresentante del popolo tra i notabili ed aristocratici dell'epoca, da una parte spingendo per una maggiore apertura democratica del governo del Papa-Re, dall'altra difendendo la figura del Papa buono, a suo dire circondato da cardinali reazionari.
Quando Pio IX scappò a Gaeta, chiedendo l'aiuto delle potenze straniere contro i rivoluzionari, e fu creata la Repubblica Romana, lui vi aderì e fu una delle anime di quella lotta per un ideale di libertà che solo 12 anni dopo portò all'unità d'Italia.
L'esperienza repubblicana finì tragicamente con l'ingresso delle truppe francesi in Roma, e Ciceruacchio fu quasi costretto a scappare, insieme ai suoi due figli Luigi e Lorenzo, seguendo Garibaldi nella famosa marcia di ritirata fino alla spiaggia della Pilassa, fra la Mesola e Magnavacca, dove morì Anita Garibaldi.
Da lì i patrioti si divisero in piccoli gruppi per meglio sfuggire all'esercito austriaco, e Ciceruacchio, con i figli ed altri compagni di sventura, dopo aver girovagato per alcuni giorni trovarono rifugio in una piccola osteria di Cà Farsetti, di un certo Fortunato Chiarelli detto "Capitin". Qualcuno, forse lo stesso Chiarelli che li aveva inizialmente accolti, li tradì, ed un plotone croato li arrestò e portò al comando militare di Cà Tiepolo. Il comandante del plotone, Luca Rokavina (nome rimasto alla storia non certo per buone azioni) dopo un veloce interrogatorio ordinò la fucilazione di tutti gli arrestati senza processo.
Ciceruacchio, rassegnato, chiese che almeno la vita del figlio minore Lorenzo, di 13 anni, fosse risparmiata, e quella brava persona di Rokavina (avrei altri modi per definirlo, ma non voglio scendere al suo livello) prima lo rassicurò e poi, quando a mezzanotte predispose il plotone di esecuzione, ordinò di sparare per primo proprio al ragazzo, in modo che Ciceruacchio vedesse morire il figlio prima di essere a sua volta ucciso. Le cronache riportano che il ragazzo si accasciò a terra a causa dei colpi di fucile e fu spietatamente finito con il calcio dei fucili dai soldati croati. Si racconta che a quel punto l'altro figlio si lanciò in avanti quasi a proteggere il padre che attendeva di essere fucilato; così morirono e così sono stati immortalati, nel loro ultimo attimo di vita, nella statua del Gianicolo.
Mi piace chiudere con uno scritto di Felice Venosta (scrittore e patriota dell'epoca):
"La memoria di lui vivrà eterna quanto il tempo. Roma. l'Italia, lo venereranno quale Martire, e siamo certi che quando sul Campidoglio sventolerà il tricolore vessillo e saranno fugati dal Vaticano i tristi corvi (nota: siamo nel 1863, ben prima della breccia di Porta Pia), decretando onore di epigrafi e di monumenti ai suoi Martiri, inciderà i nomi loro sulla pietra, e in cima a que' nomi sarà quello di Angelo Brunetti detto Ciceruacchio"
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