Partirono dal Vicino Oriente i nostri antenati, era l’epoca della seconda glaciazione circa 12mila e 900 anni fa e abbandonarono del terre che gli avevano permesso di vivere bene sino ad allora. Un villaggio di trenta persone verso l’ignoto. Le donne portavano nelle loro sacche i preziosi semi che dovevano servire per sopportare le fatiche del viaggio.
Arrivarono nel punto più a Oriente di tutta la Penisola italiana e si stabilirono in una valle dove c’era un fiumicello. Qui una donna seminò, in prossimità dell’acqua, i semi di quella pianta che raccoglieva e dopo averla cotta dava per pasto ai suoi familiari quando erano intossicati, quella pianta era la cicoria all’acqua e il luogo è Otranto del Salento leccese. La donna tornò altre volte e potè raccogliere sempre altre cicorie perché l’acqua e la fertilità del terreno le facevano miracolosamente rinascere.
La Cicoria all’acqua o Cicoria Otrantina
La Cicoria all’acqua o Cicoria Otrantina (una delle tante cultivar di Cichorium intybus) a ciclo primaverile – estivo - autunnale ha caratteri botanici molto simili a quelli della catalana (o catalogna), dalla quale si differenzia per le dimensioni dello scapo fiorale (più alto, di diametro inferiore, più cavo e con le pareti di minor spessore). La coltivazione agricola avviene in pieno campo nella Valle dell’Idro e intorno ai Laghi di Alimini a nord di Otranto dove nei terreni sabbiosi scorre una ricca falda acquifera superficiale captata da “pozzelle” (cisterne poco profonde scavate a mano). La Cicoria Otrantina cresce in abbondanza d’acqua. È tutto qui il segreto.
Coltivazione
La Cicoria all’acqua si semina in primavera in semenzaio. Dopo 30 giorni le piantine vengono tolte dal semenzaio e trapiantate nei campi della valle dell’Idro e dei vicini laghi Alimini. Le piantine devono essere messe a dimora a distanza di circa 35-40 centimetri fra le piantine sulla fila e tra fila e fila.
La raccolta
La raccolta delle Cicorie Otrantine, inizia generalmente a maggio e si protrae per tutta l’estate. Della pianta di cicoria si recide lo scapo fiorale (Asse del fiore privo di foglie che costituisce la parte edibile primaria) ad un paio di centimetri dalla corona di foglie.
I ricacci della cicoria all’acqua
La cicoria, dopo il taglio del primo asse fiorale senza foglie, reagirà producendo delle protuberanze che nel Salento leccese vengono chiamate “figghiuli”(che significa figlioletti) o “scattuni” (termine che tradotto dalla lingua parlata nel Salento leccese significa “germogli”, “nuova nascita”).
I nuovi scapi fiorali “scattuni” nelle cicorie all’acqua verranno regolarmente recisi ottenendo produzioni continue per tutto l’estate. Per ottenere questo risultato i possessori del Paesaggio rurale del Salento leccese continuano concimare con piccole quantità di concime azotato e ad irrigare cicorie che per questo motivo sono chiamate “cicorie all’acqua”. Con il procedere dei tagli (e anche a causa dei forti calori estivi) si può riscontrare una diminuzione della grandezza dei germogli, che vanno man mano divenendo sempre più esili pur non perdendo le pregiate caratteristiche organolettiche).
Queste cicorie, buone anche crude, vengono prevalentemente consumate previa cottura, lessate e condite con olio di frantoio e talvolta insaporite anche con cipolla cruda tritata.
Della cicoria di Otranto ha scritto Nunzio Pacella sul numero di "Sapori d'Italia" di ottobre/novembre 2010.
Leggiamo insieme le sue parole:
«Oggi come ieri a tagliare le “Cicorie all’acqua” nei campi sono le donne. A venderle però ci pensano mariti e figli, piccoli produttori che portano al mercato le cicorie appena raccolte. All’alba, come una volta. Tutti i giorni, domenica inclusa, sulle sponde dell’Idro si tiene il mercato. A regolarne l’orario di apertura più che le disposizioni comunali è la necessità di un posto all’ombra, come dire al riparo dal sole, per non far appassire la cicoria raccolta in fasci. Carretti e bancarelle si dispongono al mattino, dalle 8 alle 12, e nel pomeriggio, dalle 16 alle 19, su Via Idro, Lungomare Terra d’Otranto e Piazzetta Idro. Qui il banchetto è fisso, anche il mercoledì, quando un buon numero di produttori si spostano nella zona del Porto dove si svolge il mercato settimanale. La vendita è legata al periodo di produzione.
Soddisfa la domanda domestica della città e di molti paesi del Salento. Domenica, mattina e pomeriggio, affluiscono nella “Città dei Martiri” compratori anche da Lecce. Il carrettino più caratteristico è quello di Daniele Cariddi, detto “Sciacuddhi”, soprannome che ha ereditato del nonno “u Pippi sciacuddhi” così chiamato per essere basso, cicciottello, orecchie a sventola e abbastanza birichino proprio come i magici folletti che si aggiravano nei frantoi sotterranei intrecciando crini e code ai cavalli che giravano la grande ruota della fonte olearia».
Dove, come e quando nasce la cicoria all'acqua
Continuiamo a leggere ciò che scrive Nunzio Pacella:
«La cornice è la Valle delI’Idro dove scorre l’omonimo ruscello perenne alimentato dalle acque di pioggia e dalle sorgenti di Carlo Magno sull’altura di Monte Sant’Angelo, così denominato da una grotta bizantina dedicata a Sant'Angelo. Scende tortuoso e si riversa in mare davanti a Porta Terra, un tempo varco d’accesso per penetrare nella città fortificata dopo il sacco dei Turchi. La valle è ricca di colture e di vegetazione rigogliosa; i terrazzi, riscaldati dal sole anche d'inverno, sono molto fertili e i contadini vi coltivano alberi da frutto, ortaggi e verdure di ogni tipo. Ci sono molte sorgenti e fonti di acqua purissima che scorrono tra le piante di alloro e di agrumi e, cosa rara in Puglia, si trovano molti pozzi di profondità tanto modesta che si può attingere l'acqua con la mano. La valle è costellata di insediamenti rupestri un tempo frequentati da monaci italo - greci scampati alle persecuzioni iconoclaste di Leone III Isaurico».
Gli scrittori della cicoria all’acqua
Non vi è alcun dubbio che si tratti di una varietà orticola coltivata da qualche secolo in tutto il Salento, soprattutto in quelle aree caratterizzate dalla presenza di falda acquifera semi affiorante o comunque molto superficiale, quale quella della Valle dell’Idro a Otranto (comprensorio tradizionalmente interessato da questa coltura ed in cui questa varietà di cicoria è stata selezionata). Senza scomodare gli antichi scrittori georgici dalle cui descrizioni potrebbe già riconoscersi la cicoria in oggetto, diversi studiosi moderni ne hanno ampiamente disquisito, tra questi il dott. Albino Mannarini che ne parla dettagliatamente in Orticoltura Salentina – Tip. Editrice Leccese Bortone e Miccoli - 1914 pag. 55 oltre che L. Lapiccirella in, La Cicoria - storia - coltivazione - usi e filogenesi - 1911- Tip. Editrice “Pescatore” Cerignola, Albino Mannarini in, Italia Agricola – Anno XLVII – n° 16 – pag. 366 – Le cicorie del salento ed infine F. De Rosa in Lezioni di Orticoltura, 1899.
di Antonio Bruno