L’articolo 3-9-2015 di Gianfranco Gatti
Secondo il rapporto sui CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione),approvato dalla Commissione parlamentare per la tutela dei diritti umani nel settembre 2014, i CIE hanno tratti incostituzionali, non recepiscono le direttive UE, e violano i diritti umani.
ICIE, istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, la cosiddetta legge Turco-Napolitano, sono strutture di trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all’espulsione. L’articolo 14 del decreto legislativo 286/98, prevede che,“quando non sia possibile eseguire con immediatezza l’espulsione” mediante “accompagnamento” alla frontiera, il questore «dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario» presso il CIE. La durata del trattenimento, inizialmente di 30 giorni, è via via aumentata: dai 60 giorni della legge Bossi-Fini nel 2002 ai 180 del «Pacchetto sicurezza» nel 2008. Con il decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, il termine massimo di permanenza è arrivato a 18 mesi complessivi. L’ultimo provvedimento ha suscitato critiche in ambito giuridico poiché, triplicando i termini massimi della detenzione amministrativa, esso avrebbe stravolto la funzione originaria del trattenimento – finalizzato all’allontanamento – per “ridurlo ad una dimensione sanzionatoria” attraverso la privazione della libertà personale, con aspetti che presenterebbero un profilo d’incostituzionalità.
Solo nell’ottobre 2014 con la legge 163 si è ridotto drasticamente il termine di durata massima della detenzione nei CIE (da 18 a 3 mesi; 30 giorni in caso di pregresso stato di detenzione in un istituto di pena), secondo gli auspici del Rapporto detto.
Ad ogni modo con la creazione dei CIE viene inaugurato in Italia il sistema della detenzione amministrativa, che sottopone a privazione della libertà individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come il mancato possesso dell’autorizzazione al soggiorno. Ciò, nonostante il legislatore abbia sempre escluso l’equiparazione del CIE al carcere.
Questo provvedimento, secondo il Rapporto succitato, oltre ad avere carattere incostituzionale, non recepiva il reale spiritodell’art. 15, comma 6, della direttiva UE sui rimpatri. Secondo quest’ultima, solo in casi specifici, e quando misure meno coercitive risultano insufficienti, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio. Inoltre il periododi trattenimento deve essere il più breve possibile e non può superare i sei mesi.
Il rapporto ricorda, che la stessa Corte Europea dei diritti dell’uomo è intervenuta più volte contro l’Italia per la violazione dell’art. 3 CEDU[1] anche in riferimento alla detenzione amministrativa degli stranieri. Infatti, tra i luoghi di detenzione oggetto del controllo da parte del Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, organo del Consiglio d’Europa, oltre alle carceri, ai centri di detenzione per minori, ai commissariati di polizia, agli ospedali psichiatrici giudiziari, vi sono anche i CIE.
Comunque,nonostante la riduzione dei mesi di detenzione, resta aperto il dibattito sul grado di utilità di questi centri.
Secondo l’ultimo rapporto Caritas Migrantes (organismo della CEI), dai dati emerge che i CIE sono poco incisivi in termini di rimpatri. Nel corso del 2013 sono stati 6.016 i soggetti trattenuti nei CIE, ma di questi solo 2.749 sono stati rimpatriati. D’altra parte, questi ultimi sono solo lo 0,9% del totale stimato di stranieri irregolari in Italia.Eppure lo Stato, sottolinea il rapporto, spende per la gestione dei centri non meno di 55 milioni di euro l’anno.Tutto l’apparato di trattenimento ed espulsione in sette anni è costato un miliardo di euro.
Ad oggi, degli 11 CIE presenti in Italia (Bari, Bologna, Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Milano, Roma, Torino, Trapani e Trapani Milo) solo 5 sono funzionanti (Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani). Sono temporaneamente chiusi, per lavori o perché in attesa della definizione delle procedure di aggiudicazione della gestione, quelli di Brindisi, Crotone, Gorizia. Il CIE di Trapani-Serraino Vulpitta è in via di riconversione in centro di accoglienza per richiedenti asilo. I centri di Bologna e di Milano dal mese di agosto 2014 sono utilizzati come centri di prima accoglienza.
Secondo il rapporto Migrantes “La vera riforma del sistema dei rimpatri sarebbe la chiusura dei CIE”, che spesso si sono presentati come opportunità lucrative e di malaffare degli enti gestori, come i casi di Roma ma anche di note cooperative, imputate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a inadempienze di pubbliche forniture.
Per Approfondire
RAPPORTO SUI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE IN ITALIA,http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/file/RapportoCIE.pdf
LE SBARRE PIÙ ALTE, Rapporto sul Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma,http://www.mediciperidirittiumani.org/pdf/LE_SBARRE_PIU_ALTE.pdf
Caritas e Migrantes, XXIII, Rapporto immigrazione 2013;
Caritas e Migrantes, XXIV, Rapporto immigrazione 2014;
Convenzione Europea Diritti dell’Uomo, http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf
[1] Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.