Sono arrivate stamattina, sul camioncino del fruttivendolo.
Inconfondibile il richiamo del fruttivendolo.
Lo conoscete voi, il suono del fruttivendolo? Niente jingle alla Papillon, o canzoncine. Roba troppa evoluta da queste parti. Il richiamo del fruttivendolo è una cosa talmente trash che neanche più nei film si prendono la briga di replicare. Lui arriva, ferma il furgoncino in una strada, scende e comincia ad urlare: “i meeeel, i peeer, i pummmadoooooooooooooooooooooooooor!”, con un “ooooooor” infinito che per replicarlo avrei dovuto riempire il post di “o”. Il tutto tradotto sta per: vendo mele, pere e pomodori. Non ha l’ugola d’oro, di più, d’acciaio perché io lo sento sempre anche quando si ferma a tre isolati da casa, una roba da portare al guinness dei primati, secondo me. Bene, avete cos’ì conosciuto Tommasino, il fruttivendolo.
E’ raro che io mi ferma a comprare la verdura al suo furgoncino, sbaglio lo so, perché è la migliore, niente a che vedere con la roba di plastica che trovo al super, però la comodità di noi giovani generazioni, sfadigate e ingrate la vince anche sulla frutta e la verdura di qualità. Lapidatemi pure ora.
In compenso cliente fissa di Tommasino è la nonna del Socio. Vecchia, infaticabile e tradizionalista, un po’ na mal’ombra, tutta vestita di nero con il fazzoletto in testa nero e il bastone, nero pure quello, che se non ci fosse si dovrebbe inventarla.
Richiamo di Tommasino + citofono di casa 5 minuti dopo, vuol dire che la nonna ha fatto acquisti anche per noi reietti della genuinità. L’ho detto che se non ci fosse bisognerebbe inventarla, dove la trovo un’altra che mi fa la spesa senza che neanche glielo chieda. Questa si chiama fortuna lo so bene.
Oggi la nonna ha portato le Cime di Rapa.
A Foggia le cime di rapa sono una specie di divinità, insieme alle orecchiette, che sono la morte loro. Non c’è Foggiano che non mangi le cime di rapa, ma posso ben dire che non c’è pugliese che non le adori o se c‘è vuol dire che non è pugliese al 100%. Se il milanese si porta in valigia il gorgonzola, il pugliese si porta le cime di rapa. Io sinceramente non ci vado proprio fessa, però le mangio, il Socio al contrario va in brodo di giuggiole. Una cosa tipo, non ho dio all’infuori delle cime di rapa.
Ma come si cucinano le cime di rapa?
Cime di rapa. Due grossi mazzi. Olio extravergine di oliva, possibilmente non filtrato, quello denso e scuro che ingrassi solo a guardarlo, quello buono per intenderci. Tre piatti di orecchiette, possibilmente fresche (se come me non le sapete fare andate da un pastaio. Io c’ho sempre la nonna del Socio che mi fa pure da personal-pastaio) Aglio. Peperoncino. Acciughe sottolio. Acqua, sale.
Mettete sul fuoco una pentola non troppo piena d‘acqua.
Lavate le cime di rapa. Per bene. Io ancora non sono capace di farlo veramente bene, perché anche per pulirle ste cavolo di Cime di Rapa, ci vuole una certa arte, ma c’ho sempre la nonna del Socio che è il mio asso nella manica e mi salva sempre il culo. Si dovrebbero togliere tutti i gambi e le parti dure. Bisogna usare solo le foglie piccole piccole e tenere e, ovviamente, le cime, che sono quei piccoli fiorellini puzzolenti tra una foglia e l’altra.
Quando l’acqua bolle salatela per bene, aspettate un attimo e tuffateci dentro la verdura. Se non entra tutta in acqua non preoccupatevi, metteteci un coperchio sopra, farà la sauna e si intenerirà col vapore.
Prendete due agli e metteteli sotto una caffettiera, date un colpo secco e buttateli schiacciati in una capiente padella con abbondante l’olio caldo, per abbondante intendo almeno dieci cucchiai per chi è a dieta.
Prendete un peperoncino funzionante, io ho quelli che ci ha portato la zioMatto dal messico, voi mi sà che vi dovete arrangiare, tagliatelo a pezzetti e mettete nel l’olio, i semini si devono tutti spargere.
Aggiungete quattro acciughe, le acciughe possibilmente non grondanti d’olio, scrollatele prima un po’.
Intanto la verdura si sta cuocendo. Con una paletta, di tanto in tanto, rompete le palle alle acciughe. Si devono squagliare perfettamente. Quando l’aglio sarà sfritto, prelevate dalla padella e buttatelo nella pattumiera, o, se siete degli amanti del genere come mio padre, mangiatevelo. Le acciughe a questo punto saranno ridotte a bollicine marroni sfrigolanti. Con una schiumarola togliete le cime di rapa dalla pentola e schiantatele nella padella. Saltate e coprite col coperchio. Nell’acqua verde della pentola calate le orecchiette. Le orecchiette saranno cotte quando saliranno tutte a galla, ovvero 30 secondi dalla calata. Scolate unite a tutto il resto, nella padella. Girate, girate, girate e servite;
Da buon Foggiano a questo punto prima di mangiare alzate gli occhi al soffitto e dite "S’gnor, grazz che t’nimm u’ p’n". Buon appetito.
ps: la rana ha avuto il battezzo della cima di rapa a 9 mesi, 9, giusto per intenderci.
Song: Tonino Carotone - Me cago en el amor
Magazine Cucina
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