Magazine Cucina
“Questi broccoli, di cui a Roma si fa gran consumo, hanno le foglie di un verde cupo e il fiore nero o paonazzo (…)”. Così scriveva Pellegrino Artusi nella ricetta n° 435 de: "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene". Spiegava come fare le cime di rapa stufate, concludendo che “saranno lodate”.
Se a Roma si faceva già allora gran consumo, la terra madre della Brassica rapa L. subsp. Sylvestris, rapa di varietà a sé, è la Puglia, dove questo ortaggio è inserito nell’Elenco dei Prodotti Tradizionali Regionali. In tempo magri però, sul Tavoliere le cime di rapa stufate farcivano un pane tipico a bastone che veniva vuotato del suo interno, riempito di cime di rapa e chiuso con un tappo di mollica. Facile da portare al lavoro e ricco di proteine vegetali a basso costo. Queste verdure infatti sono una “carne vegetale” ricca di proteine acqua, ferro, calcio, fosforo, vitamine (C, B2, A), fibre e povere di carboidrati e grassi. Dieteticamente ideali (22 kcal su 100 g) sono un vero toccasana, soprattutto per le donne in gravidanza, dato che contengono molto acido folico.
Si raccolgono dall’autunno, per tutto l’inverno, fino alla primavera successiva. Si presentano in foglie allungate e dentate con un picciolo, da cui si formano dei “bottoni” fiorali, dai quali nasceranno dei piccoli fiori gialli. Si classificano in base alla lunghezza del ciclo vegetativo che può essere precoce (80 giorni dalla semina al raccolto) o tardiva (190-200 giorni), da cui cime quarantine, cinquantine, sessantine, ecc; e in base alla località di provenienza. Altro distinguo è fatto dalla raccolta e dalla zona: cima Natalina, Marzatica di Mola di Bari, tardiva di Fasano, di Aprile di Carovigno, Maggiaiola di Sala Consilina, cima Cassanese, di Castrovillari, di Altamura, Murgese, semiselvatica a foglie d’ulivo, riccia di San Marzano.
Il sapore è per tutte leggermente amarognolo e quasi piccante, ideale con i cibi un po’ sciapi, come pane, pasta, patate, e con i classici condimenti mediterranei: pepe, peperoncino, olio, aglio, vino bianco, pomodoro, fave, formaggio di pecora.
Una volta cotte (sbollentate o spadellate) possono essere surgelate. Quanto di stelo e foglie utilizzare è una questione di sensibilità, di esperienza e di insegnamenti “casalinghi”. Hanno anche un coté internazionale, grazie agli emigranti: negli Stati Uniti e in Australia, si chiamano “broccoli raab”, “raab”, “rapa”, “rappini o rapini”, “spring broccoli” “italian turnip” e “taitcat”.
Nel Sud Italia infiammano una “querelle” gastronomica: le cime di rapa pugliesi sono uguali ai friarielli napoletani? Tecnicamente i friarielli sono una qualità di broccoli più piccoli, più amari e di un verde più intenso, un tempo coltivati sul Vomero, che era infatti noto come "'o colle d' e friarielle". Per i napoletani veraci sono ben riconoscibili dalle cime di rapa, e anche se si coltivano nella fascia appenninica di Avellino e Benevento i puristi sostengono che gli autentici friarielli sono solo selvatici. Con le cugine pugliesi condividono un’origine legata alla necessità di riempirsi la pancia a poco prezzo, ma si distinguono per la cottura: a Napoli non vengono mai bolliQui, infatti, in accordo con il nome, si friggono, originalmente con ‘a nzogna (la sugna, il lardo), oggi con l’olio d’oliva, più digeribile e con un più alto punto di fumo. L’ingegno partenopeo, tutto volto alla ricerca della caloria (in più), suggeriva di abbinare un prodotto così “dietetico” a qualcosa che “desse calore” dato che buono, in tempi magri, era ciò che ingrassava. Nelle occasioni più felici si abbinavano alla salsiccia di maiale e al pane. Altra icona gastronomica locale è “a pizza ch’e friarielle”, che pare sia stata la seconda variante per importanza dopo la Margherita. inserito da Elena Bianco
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