All’Università di Milano-Bicocca, giovedi 12 Dicembre 2013, il convegno “Antropologie della Cina”, diventerà un luogo di dialogo e scambio culturale tra Italia e Cina, di discussione della realtà cinese, delle sue minoranze etniche, dell’articolazione fra centro e periferia.
Il prof. Roberto Malighetti dell’Università di Milano-Bicocca, responsabile scientifico del convegno, già visiting professor all’Università Minzu di Pechino, ha spiegato in un’intervista che “in un momento in cui il centro del mondo sta spostandosi e moltiplicandosi, superando le dicotomie fra Primo e Terzo Mondo o fra centri e periferie, i saperi stanno muovendosi nella medesima direzione. La scienza antropologica, come tutte le scienze, è il prodotto storico dei cambiamenti economici e politici. Nasce come prospettiva eurocentrica della modernità verso ciò che non è moderno, quindi primitivo e selvaggio. Si sviluppa dopo la Seconda Guerra Mondiale negli USA come analisi trasversale di tute le società, anche quelle degli antropologi. Oggi trova in Cina, così come negli altri paesi “emergenti”, importanti prospettive. Il convegno vuole discutere i contributi dell’antropologia cinese all’analisi dei processi di globalizzazione, interni ed esterni, nel mondo in cui la Cina ha assunto un ruolo di primo piano.”
In un classico libro di antropologia sulle storie d’altri, Marshall Sahlins spiega come la Cina, nella storia, ha sempre respinto “le cose occidentali”, mentre gli occidentali, britannici in prima fila, si sono sempre illusi che avrebbero “piegato la grande nazione ai loro gusti e alle loro idee”.
Bertrand Russell disse che non avremmo capito la Cina fino a che l’Editto di Ch’ien-lung continuerà a sembrarci assurdo.
Editto redatto nel Settembre 1793 per il visconte George Macartney, “messo del barbaro sovrano occidentale, Giorgio III o, secondo il suo punto di vista, Ambasciatore Plenipotenziario e Straordinario di Sua Maestà Britannica incaricato di stringere relazioni diplomatiche con la Cina, con l’intenzione di liberalizzare il commercio di Canton e aprire nuovi mercati ai manufatti britannici, di cui portava alcuni begli esemplari in dono all’Imperatore Ch’ien-lung, per il suo ottantatreesimo compleanno”.
Editto di Chi’ien-lung:
“Noi, Imperatore per Volontà del Cielo, ordiniamo al Re d’Inghilterra di prendere nota del nostro volere.
Sebbene il tuo paese, o re, sia situato in oceani lontani, pur tuttavia, desiderando la civiltà, hai inviato appositamente un ambasciatore per portarci rispettosamente un messaggio ufficiale e, attraversando il mare, egli è giunto alla nostra Corte per inchinarsi e congratularsi per il genetliaco imperiale, portando in dono inoltre dei prodotti locali, in segno della tua sincerità.
Abbiamo letto attentamente il testo del messaggio e il fraseggio esprime la tua lealtà: da esso traspaiono con chiarezza la tua autentica umiltà e la tua obbedienza.
L’Imperatore Celeste, che amministra tutto quanto si stende tra i quattro mari, si preoccupa solo di governare giustamente e disdegna le cose rare e preziose. Infatti la virtù e il potere della Dinastia Celeste si sono diffusi in miriadi di regni, che sono venuti a rendere omaggio: quindi ogni sorta di oggetti preziosi provenienti da oltremare e da zone oltremontane è raccolta qui, come il tuo ambasciatore e altri hanno visto con i loro occhi.
Ciò nonostante non abbiamo mai dato importanza alcuna agli oggetti ingegnosamente concepiti, né abbiamo alcun bisogno dei vostri manufatti”.
“L’imperatore Ch’ien-lung non fu né il primo né l’ultimo sovrano del Regno Celeste a respingere le cose occidentali; nel 1816, il suo successore, rifiutandosi di accordare udienza a un ambasciatore inglese (Lord Amherst), diede voce alla stessa imperiale indifferenza: “La mia dinastia non apprezza i prodotti esteri: le merci singolari e ben rifinite del vostro paese non mi interessano affatto”, riporta ancora Sahlins.
“E il disinteresse per gli oggetti europei”, spiega Sahlins, ”non fu caratteristico solo degli imperatori Manciù: già tipico dei Ming, la dinastia precedente, risaliva a trecento anni prima e gli inglesi ne avevano preso atto nel 1699, quando la compagnia delle Indie Orientali si era stabilita a Canton. Sin dall’inizio, infatti, la Compagnia si trovò in imbarazzo per la carenza di domanda di merci inglesi.
Il traffico mercantile si trovava a Canton dove i commissari di bordo della Compagnia ebbero l’ordine di trattare esclusivamente con i mercanti cinesi forniti di licenza, che facevano scontare loro i molti dazi e le vere e proprie estorsioni dei funzionari imperiali dei vari ranghi, sotto forma di fastidiosi addebiti sulle condizioni di vendita.
Gli occidentali, inoltre, erano tenuti in quarantena sociale e non erano apprezzati culturalmente”.
Ecco però, che un’intera delegazione di studiosi cinesi, invitati in un’università italiana da un professore di antropologia italiano, accetta l’invito al dialogo e viene a raccontare la Cina, dal punto di vista cinese.
Melissa Pignatelli
Il 1° Convegno di Antropologie della Cina si terrà a Milano il 12 Dicembre 2013 all’Università di Milano-Bicocca, Edificio U12; Via Vizzola, 5.
Locandina del Convegno Antropologie della Cina (pdf)
L’evento si svolge con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Esteri .
L’ingresso al convegno è libero e il programma è qui.
E’ prevista la traduzione simultanea.
Per info rivolgersi a dott. Silvia Pozzi: antropologiedellacina@unimib.it
Fonte Testi: Marshall Sahlins, Storie d’Altri, Guida Editori, Napoli, 1992.
Cosmologies of Capitalism: the Trans-Pacific Sector of ‘The World System’, Proceedings od the British Academy, LXXIV, 1988, Copyright, The British Academy, London.
Fotografia: Vasilij Vereščagin (Cherepovets 1842-Port Arthur 1904), Boat Ride, 1903, oil on canvas, 70 х 103 cm, St. Petersburg, State Russian Museum, inv. Zh-1470. Per gentile concessione di Palazzo Strozzi in concomitanza della Mostra “Avanguardie Russe” in corso a Firenze fino al 19 Gennaio 2014.