Cina: inquinamento e morti sul lavoro. Ma per qualcuno è un Eden.

Creato il 08 dicembre 2013 da Mauro @2tredici

Alcuni lustri or sono una delle cose più divertenti da fare era mettersi a sentire i racconti di coloro che, iscritti al PCI o comunque elettori di quel partito, tornavano dalle visite guidate (molto "guidate") in Unione Sovietica.Non sufficientemente lontani miei parenti appartenevano a tale schiera di militanti-visitatori e dunque, da bambino o da ragazzino, ho avuto modo di sentire i mirabolanti resoconti delle visite in URSS: città modernissime, infrastrutture efficienti, Pubblica Amministrazione perfetta, servizi impeccabili. Insomma, un Eden.Evidentemente, però, già da bambino ero, per dirla con Prezzolini, un "apota", cioè uno che non la beve. Nemmeno per un istante, infatti, ho creduto a simili panzane e, anzi, le ho fin da subito classificate tra le battute comiche, una sorta di estensione dei racconti di Peppone e Don Camillo, o, più avanti, del repertorio del compagno Ferrini di "Quelli della Notte", il fortunato e indimenticabile programma televisivo di Renzo Arbore.Caduto il Muro e verificato che, effettivamente, i suddetti racconti mirabolanti erano soltanto panzane, con il passare degli anni è nato un altro mito: il nuovo Bengodi non è più l'Unione Sovietica ma è la Cina (nel senso di Cina Popolare).Praticamente ogni giorno, in qualsiasi ambiente di lavoro, nelle più svariate circostanze, anche durante momenti conviviali, troviamo sempre almeno una persona che, nel bel mezzo di un discorso, trova modo di magnificare l'attuale Cina: e la Cina di qua, e la Cina di là, loro si che sono bravi, loro si che realizzano in fretta le infrastrutture, loro si che quando prendono una decisione la portano fino in fondo, loro si che se ne infischiano di lacci e lacciuoli, loro si che consentono agli imprenditori di arricchirsi, loro si che hanno un'economia in crescita.Il bello è che simili espressioni il più delle volte non provengono da eredi del vecchio PCI ma, anzi, da rampanti professionisti o da smaliziati imprenditori che mai, in vita loro, hanno mostrato una particolare simpatia per l'ideologia marxista.Tuttavia, quando ascolto queste ingenue manifestazioni di entusiasmo acritico verso la Cina, mi tornano in mente proprio i racconti degli antichi militanti-visitatori di ritorno dall'Unione Sovietica: l'infatuazione è la stessa, la mancanza di senso della misura è identica, la fede cieca nelle magnifiche sorti è altrettanto risibile.Solo che, questa volta, non è necessario attendere la caduta di un Muro per scoprire che, come si suol dire, in Cina non è tutto oro quel che luccica.In disparte la questione della illegittima occupazione del Tibet (soltanto pochi inguaribili romantici ormai si appassionano a questa vicenda), in disparte anche il "piccolo" dettaglio della totale assenza di democrazia, è sufficiente citare due elementi "tecnici",  vale a dire l'inquinamento e la sicurezza dei lavoratori, per dimostrare quanto sia arretrata e finanche pericolosa la Cina: .E' di questi giorni la notizia che, a causa dei gravi livelli di inquinamento registrati nelle province settentrionali, centrali e orientali del Paese, le autorità cinesi sono state costrette a ordinare la chiusura delle scuole, degli uffici e di alcune autostrade, mentre si sono registrati annullamenti o ritardi nei voli.Un recente articolo de "L'Espresso" on line racconta di come, nello scorso mese di ottobre, la città industriale di Harbin (11 milioni di abitanti) sia stata avvolta da una nube di smog tossico con un indice di concentrazione di polveri sottili pari a 1000 per metro cubo, quando la soglia massima di sicurezza è 35 (trentacinque!!!).Se possibile è ancora più preoccupante l'inquinamento dell'acqua e quello del suolo, dei quali però poco o nulla si sa, in quanto il Partito Comunista Cinese tiene nascosti i dati.Tuttavia, nonostante la censura, è opinione diffusa che ogni anno l'inquinamento provochi la morte di più di un milione di Cinesi. Secondo "L'Espresso", la Cina sta andando incontro a un rischio ambientale che non ha eguali nella storia dell'umanità.Il disastro è uguale in tema di sicurezza dei lavoratori. Su www.rassegna.it è citato Geoff Crothall, direttore della comunicazione del China Labour Bulletin, organizzazione non governativa sui diritti del lavoro con sede a Hong Kong, il quale afferma che "la sicurezza sul lavoro (in Cina) ancora è tutt'altro che una priorità, viene dopo il profitto e la produttività. Non vedo nè le aziende, nè le autorità governative prendere questo tema nella dovuta considerazione".Anche quando le (pur non adeguate) normative anti-infortunistiche esistono, esse non vengono applicate, spesso con la collusione di coloro che dovrebbero effettuare i controlli.Si parla, dunque, di una "strage silenziosa", dai numeri tenuti segreti, che occasionalmente giunge alle cronache a causa di eventi non occultabili (incendi, crolli, ecc..).Ma, quando si tratta di magnificare la Cina, tutto ciò non conta: i grattacieli di Shanghai ammaliano in modo tale da rendere tollerabile ciò che da noi sarebbe fonte di esecrazione incondizionata.La consueta e purtroppo inarrestabile crisi dei valori.

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