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Maludong. Scoperti fossili di una specie sconosciuta di ominidi.
I resti di quella che potrebbe essere una specie umana finora sconosciuta sono stati ritrovati e identificati in una regione del sud della Cina. Le ossa, che appartengono per lo meno a cinque individui, secondo la datazione risalirebbero a un periodo compreso tra gli 11.500 e i 14.500 anni fa. Per il momento, gli studiosi e gli archeologi li chiamano semplicemente la “Gente della Caverna del Cervo Rosso”, per via del nome popolare dato al luogo dove sono stati dissotterrati.
Il gruppo di archeologi responsabili della scoperta ha dichiarato alla rivista PLoS One che serviranno analisi molto più approfondite e dettagliate dei fossili prima di poter affermare con certezza che si tratti di un nuovo lignaggio umano. A questo proposito uno dei leader del team, il professor Darren Curnoe dell’Università di New South Wales, in Australia, ha dichiarato che è necessaria molta cautela prima di poterli classificare in modo definitivo e inequivocabile.
Secondo quanto lo studioso ha dichiarato alla BBC News, infatti, una delle ragioni di tutta questa cautela è data dal fatto che, alquanto incredibilmente, nella scienza dell’evoluzione umana, o paleoantropologia, attualmente non esiste una definizione biologica universalmente condivisa della nostra stessa specie (Homo Sapiens), quindi si tratta di un’area tuttora ancora ricca di contenziosi.
Parecchi di questi resti sono rimasti nelle collezioni archeologiche cinesi per molto tempo, e solo recentemente sono state oggetto di indagini più approfondite. I resti di alcune degli individui dissotterrati provengono da Maludong (o Caverna del Cervo Rosso), vicino alla città di Mengzi, nella provincia di Yunnan. Un ulteriore scheletro è stato scoperto a Longlin, nella vicina provincia di Guangxi.
I crani e i denti degli individui ritrovati nelle due diverse località sono molto simili tra di loro, cosa che fa suggerire che siano appartenuti alla stessa popolazione. Ma le loro caratteristiche generali sono molti diverse da quelle che potrebbero essere definite come “pienamente umane”; la gente della Caverna del Cervo Rosso, infatti, è caratterizzata da un mix di caratteristiche arcaiche e moderne. In linea generale, infatti, queste persone avevano basi craniche arrotondate con arcate soppracciliari piuttosto prominenti, e i crani sono caratterizzati da un’ossatura piuttosto spessa: i volti, inoltre, erano corti e piatti e quasi nascosti dalla grossa fronte, e avevano nasi molto larghi. Le mascelle sporgevano in avanti ma mancava loro un mento come quello che caratterizza l’uomo moderno. Delle TAC realizzate alle cavità craniche indicano che queste persone dovevano avere dei lobi frontali di aspetto abbastanza moderno ma dei lobi anteriori o parietali abbastanza arcaici. Avevano, infine, dei denti molari di dimensioni considerevoli.
Il professor Curnoe e i suoi colleghi hanno prospettato alla rivista PLoS One due possibili scenari riguardo all’origine della Gente della Caverna del Cervo Rosso. Una sostiene che queste persone rappresenterebbero una prima migrazione di un Homo Sapiens dall’aspetto piuttosto primitivo che si è sviluppato in modo indipendente dalle altre specie sviluppatesi in Asia, prima di estinguersi. Un’altra possibilità, invece, ipotizza che sarebbe veramente potuta esistere una specie distinta di Homo Sapiens che si è sviluppata in Asia e che ha vissuto parallelamente alla nostra specie fino ad un’epoca relativamente recente. Un terzo scenario, proposto da scienziati non connessi alla ricerca in corso, suggeriscono che la Gente della Caverna del Cervo Rosso potrebbe essere stata una popolazione ibrida.
Secondo quanto affermato dalla dottoressa Isabelle De Groote, paleoantropologa presso il museo di storia naturale di Londra, è possibile che queste persone fossero umani moderni che si sono mischiati con una specie di umani più arcaici. Un’altra opzione è che questa specie si sia evoluta con tratti e caratteristiche più primitive per via di una deviazione genetica o a causa dell’isolamento, o ancora in risposta a una pressione ambientale, ad esempio la situazione climatica. Anche il professor Curnoe sostiene che si tratti di ipotesi altrettanto valide.
Attualmente si sta cercando di estrarre dei campioni di DNA dai resti, che potrebbero restituire informazioni rispetto all’incrocio tra specie diverse, esattamente com’è successo durante lo studio di altre specie umane, ad esempio gli uomini di Neanderthal e un enigmatico gruppo di persone proveniente dalla Siberia e conosciuti come Denisovans.
Indipendentemente da quale sia la loro posizione esatta nell’albero genealogico dell’Homo Sapiens, la Gente della Caverna del Cervo Rosso rappresenta una scoperta davvero importante anche solo per la scarsità di esemplari correttamente datati e correttamente descritti provenienti da questa parte del mondo. E il loro ritrovamento offre un grandissimo contributo all’affascinante e sempre più complessa storia delle migrazioni e dello sviluppo umani.
Il professor Cunroe ha affermato che la Gente della Caverna del Cervo Rosso ha abitato la Cina in un’epoca davvero interessante, ossia durante quella che viene chiamata era epipaleolitica o fine dell’età della Pietra. Non lontano da Longlin esistono dei siti archeologici molto famosi dove sono stati rinvenuti alcuni dei più antichi reperti risalenti all’epipaleolitico in Asia. Le persone dell’epoca avevano un aspetto abbastanza moderno e stavano già iniziando a realizzare opere e manufatti in ceramica per la conservazione degli alimenti. E avevano già imparato a raccogliere riso selvatico dalle terre che li circondavano. Questo fa pensare a un periodo di transizione dal periodo della raccolta a quello dell’agricoltura.
Ancora non è chiaro come la Gente delle Caverna del Cervo Rosso si posizioni in questo scenario, anche se il team di ricerca ha promesso che saranno svolte ulteriori e approfondite indagini anche su alcuni utensili in pietra e manufatti di carattere culturale e artistico rinvenuti nel corso di scavi condotti nelle vicinanze.
A capo del progetto, insieme al professor Curnoe, c’è anche il professor Ji Xueping dello Yunnan Institute of Cultural Relics and Archaeology
Fonte: Archeorivista
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