Cindy: The Doll Is Mine (2005) rispecchia tali obiettivi autoriali perché il pingpong di campi tra modella e fotografa sentenzia l’interscambiabilità delle posizioni, cosa che accadrà in modo più strutturato con De la guerre (2008), accentuata dal fatto che Asia Argento interpreta entrambe le parti; è come essere allo specchio per Bonello: ciò che sta sul set non è altro che la materia grigia di se stesso modellata su altri corpi (se piange l’attore, io, autore, mi commuovo a mia volta), duplicazione identitaria, (forse) manifestazione edonistica, (ancor più forse) confessione intimistica (?) della paternità di dare sostanza alla propria idea: demiurgo che dirige, che idea, che è.
Vi è inoltre un substrato di biografia sui generis poiché la Argento impersona Cindy Sherman, artista statunitense molto vicina al mondo della settima arte, la quale nelle sue performance è sempre stata mattatrice del quadro, anch’essa dunque entità binaria e analogamente unica, in una prassi che, anche se non suona troppo bene, potremmo già definire bonelliana.