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Cinema - "Bota Café" - Recensione di Angela Laugier

Creato il 12 luglio 2015 da Tafanus

Bota-cafèRecensione del film "Bota Café" (di Angela Laugier)

Titolo originale: The World

Regia: Iris Elezi, Thomas Logoreci.

Principali interpreti: Flonja Kodheli, Fioralba Kryemadhi, Artur Gorishti, Tinka Kurti, Alban Ukaj – 100 min. – Albania, Italia 2014

In una semideserta e squallida Albania di paludi, zanzare e solitudine, quasi un non luogo lontano dal mondo, vive July (Flonja Kodheli), una giovane donna cresciuta ed educata grazie alla nonna (Tinka Kurti) che si era presa cura di lei dopo che la sua giovane madre, divorziata, era morta d’infarto all’improvviso. Questo era ciò che July conosceva di sé: la nonna era ora così vecchia che stava perdendo la memoria, cosicché spesso la scambiava addirittura per la propria figlia sfortunata. La condizione di estrema povertà in cui entrambe vivevano non aveva permesso alla ragazza di dedicarsi alla sua grande vocazione creativa, le piccole composizioni decorative di colorati collages nelle quali eccelleva; faceva, invece, la cameriera al Bota Café, insieme a Nora (Fioralba Kryemadhi), bella e gioiosa fanciulla, amante di Beni, il cugino sposato di July, nonché proprietario di quel locale ed equivoco faccendiere.
Il Bota Café era sorto nel deserto paludoso di quel luogo e poteva contare su qualche raro cliente abitudinario che, incrociando mandrie e greggi, arrivava con l’auto per la colazione del mattino, in genere prima di immettersi sulla strada principale a dieci chilometri.

Questa realtà, quasi senza tempo, era solo apparentemente immobile, però: un’autostrada avrebbe presto collegato anche il villaggio di July e di Nora al resto del mondo. Era l’occasione da non perdere, per assicurare al locale una clientela più vasta e forse più ricca: Beni ci contava e allo scopo aveva organizzato persino una serata di festa con tanto di fuochi artificiali in onore dell’impresa italo-albanese che si stava occupando del progetto. Altre cose, inoltre, e forse più importanti, si erano messe in moto: si stavano intensificando le ricerche, nelle paludi circostanti, delle spoglie degli oppositori, che il feroce regime comunista di Enver Oxa, anni prima, aveva fatto uccidere a fucilate, dopo averli fatti deportare in quei luoghi disperati, insieme alle famiglie, alle quali ora sarebbero state restituite, insieme alla verità sulla loro sorte. Questo, in modo particolare, non avrebbe potuto lasciare immutati i rapporti fra i sopravvissuti, poiché insieme alle povere ossa ritrovate e identificate ora stava emergendo anche la verità sulle molto ramificate complicità omertose e non proprio disinteressate che avevano accompagnato quelle drammatiche circostanze.

I registi, Iris Elezi, al suo primo lungometraggio e Thomas Logoreci, americano e albanese, che insieme alla nostra Stefania Casini* hanno anche sceneggiato il film, hanno sviluppato il racconto con grande sapienza narrativa, facendoci vivere la vicenda con crescente coinvolgimento e tenendo viva la nostra attenzione e il nostro interesse fino al drammatico finale, raccontato con asciutta e scabra semplicità. Ottimi tutti gli attori, molto ben diretti. Dopo aver ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali di critica e di pubblico, questo film avrebbe meritato, secondo me, una distribuzione più adeguata alla sua qualità, mentre è stato collocato in modo penalizzante nelle nostre sale, confinato, per brevi periodi, nei mesi delle vacanze estive. A Torino, il cinema Romano, dove viene proiettato, era nei giorni scorsi abbastanza affollato, tuttavia, a riprova che il pubblico in genere va volentieri a vedere i buoni film.

* l’opera nasce da una coproduzione italo-albanese

Angela Laugier

1004/0700/1800 edit


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