Magazine Cinema
Un altro film sulla vendetta e il riscatto, intriso di citazioni e autocitazioni, splatter e ironico come Tarantino sa.
Bellissimo.
Ricordo bene la lezione del mio professore di italiano sul postmoderno, i film di Tarantino ne sono infine da tutti considerati manifesto; uscendo dal cinema ieri, non ho potuto non pensare a quella lezione. Perchè Django in un perfetto equilibrio di stili, attinge agli spaghetti western tanto amati da Tarantino, e al cinema pulp di cui è maestro. C'è tutto quello che ti aspetti dal nuovo film di Tarantino, e ciò nonostante non se ne esce delusi. Quasi tre ore di film, a spasso per l'America del Sud con il dottor Schultz cacciatore di taglie e Django schiavo da lui liberato, per averne l'aiuto, che è invece alla ricerca di vendetta e della moglie.
Tra sparatorie splatter, momenti drammatici e scene decisamente esilaranti (la scena degli incappucciati memorabile), il film scorre senza mai far rimpiangere la lunga durata.
Lo ammetto i film di Tarantino non riesco a guardarli senza coprirmi il volto, ebbene si sono deboluccia, però non ne perderei uno. Django ha superato per me Bastardi senza gloria, che in molti casi me lo ha ricordato come del resto Kill Bill.
Cast sempre all'altezza, con un Di Caprio sempre più bravo nel ruolo del cattivo Candie, perfetto anche Christoph Waltz e l'attore feticcio di Tarantino, Samuel L. Jackson.
A condire una colonna sonora, ancora un volta mutuata a grandi film di genere del passato, e una fotografia degna di nota (tra le candidate allOscar).