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Tra le ricerche effettuate nel campo delle emozioni, hanno un fascino particolare quelle condotte sulle sequenze di paura contenute in una pellicola dell’orrore. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova ha individuato le modificazioni psicofisiologiche e la “memoria” di un film con scene emozionanti. Lo studio è stato condotto da psicologi con competenze scientifiche differenziate, accomunati dalla passione per il cinema.
E’ ipotizzabile che le emozioni prodotte da un film comportino una varietà di risposte fisiologiche, non tutte caratterizzate in maniera omogenea. Gli esperimenti sono stati condotti su soggetti esposti alla visione di particolari sequenze filmiche. La paura in particolare, o meglio, la percezione emotiva legata alle scene di paura (e prendo a riferimento la paura perché è uno dei generi che prediligo, soprattutto per il forte impatto emotivo), è caratterizzata da accelerazione cardiaca, incremento della frequenza respiratoria e aumento del tono muscolare, in opposizione alle sequenze neutri o tristi che inducono invece alla diminuzione ed al rallentamento.
Che dire della valutazione soggettiva dell’emozione e della memoria?
Le sequenze di paura vengono giudicate dai soggetti come le più emozionanti e riguardo alla memoria, invece, vengono ricordati meglio i dialoghi concomitanti alle sequenze di paura solo dopo la visione del film, con un effetto a breve termine.
Le scene di paura sono pertanto quelle che vengono maggiormente ricordate dagli spettatori. Il ricordo delle sequenze associate ad emozioni forti resta lucido in noi (parliamo di dialoghi, battute e sfumature contestuali). Il paradosso é che sono le scene di paura a essere dimenticate però con più facilità nei giorni seguenti la proiezione, questo perché l’autovalutazione stessa della paura diminuisce dopo alcuni giorni.
Interessantissimo anche lo studio condotto da John Enderson e dal suo team, nel dipartimento di Psicologia dell’Università del South Carolina, anche lui alle prese con l’analisi del comportamento degli spettatori di un film. Mediante un sistema di mappatura oculare, Enderson si preoccupa di stabilire cosa guarda lo spettatore nello schermo. Si chiama Diem (Dynamic Images and Eye Movements) ed é un occhiale simile a quello per la visione 3d, e funziona traducendo i dati dei movimenti oculari in grafici cartesiani sovrapponibili al video.
Le informazioni ottenute suggeriranno al regista cosa piace al pubblico, cosa scatena più emozioni e cosa viene tralasciato.Non abbiamo scampo!
Sull'argomento:
Baroni, Cornoldi, De Beni, D’Urso, Palomba, Mainardi Peron, Stegagno, “Emozioni in celluloide” (1989), analisi degli esperimenti sulle emozioni esaminate durante la visione di pellicole di varia tipologia;"Il cinema di domani: la regia delle emozioni”, Focus (giugno 2011).