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Nella notte ancestrale delle mie paure, mi capita spesso di chiedermi quale sia il motivo per cui ho guardato e guardo ancora tanto cinema horror. Quale sia il motivo per cui mi lascio travolgere e spesso deludere da un genere sempre sul punto di morire e collassare, che si adagia spesso e volentieri su livelli di bellezza infimi e tecnica non all'altezza. La risposta che mi sono dato è che, a distanza di anni, io cerco ancora da questo genere di film una cosa sola: lo spavento. Non uno spavento meccanico e ludico, però, bensì quel tipo di paura catartica che qualcuno confonde ancora con il masochismo: "ehi, ma perché vedi gli horror se poi ti spaventi? Sei scemo?". E' ovvio invece che, avendo paura di una finzione, si esorcizza la paura più grande e reale della vita e del mondo. Ma c'è anche dell'altro, ad un livello ancestrale. Si tratta della possibilità di attuare un transfer, di proiettare sul grande (o piccolo) schermo i miei terrori inconsci. E quindi di affrontarli in un analisi psicologica spesso automatica.
Non mi fanno granché paura i mostri, non di certo quelli che cinema e letteratura ci hanno propinato per tanti anni. Oddio, un Cujo mi annichilerebbe se me lo ritrovassi di fronte, ma non sognerò mai un Sanbernardo idrofobo che mi insegue, e dopo aver visto Lo Squalo per la prima volta ho avuto qualche problema a fare il bagno, ma non sono mai arrivato a perderci il sonno. Se parliamo poi di zombie, licantropi o vampiri, allora l'interesse si sostituisce al terrore. Basta che teniate i clown lontani da me e io sui mostri ci rido sopra, insomma. I fantasmi, al contrario, mi terrorizzano. Spiriti, demoni e il paranormale più sottile. Capirete allora come un "film" come Paranormal Activity, nella sua pochezza, abbia la capacità di farmi a pezzi. E infine ci sono i seria killer. Ecco, i serial killer mi spaventano e lo fanno perché sono reali. E film come quelli dedicati a loro attingono dalla realtà, pochi cazzi. E allora non si tratta di paura di fronte allo schermo. Si tratta di ansia, di un brivido che mi corre lungo la schiena, di debolezza nei confronti della realtà.
Ho letto parecchi libri e saggi dedicati ai killer seriali. Mi sono sempre interessato all'argomento. Più che un moto di curiosità, un modo per esorcizzare le mie paure. Per provare a guardare dietro e oltre il mito, in un dietro le quinte da museo degli orrori. E dopo varie letture sono arrivato alla conclusione che siano loro i veri mostri, quelli di cui è meglio avere paura. Il frutto di un'anomalia psicologica e, spesso, genetica. Carnefici ma, allo stesso tempo, vittime. Non è solo "la potenza di un cervello che si disfa" (cit.) ma il risultato di un processo psico-sociale che tende a terminare nel sangue e in corpi martoriati. Chi sono allora i serial killer? Esseri umani solo apparentemente simili a noi, spesso neanche quello. Non fanno parte di un unico strato sociale, né sono assimilabili per caratteristiche fisiche o psicologiche (altra cosa non sempre vera, ma cerchiamo di semplificare un po'). Soprattutto, però, i serial killer sono sempre esistiti.
Il primo serial killer ufficialmente riconosciuto della storia è stato Erzsebet Bathory. Una donna, una nobile, duchessa ungherese a cui sono stati imputati 100 omicidi e 300 sospetti omicidi (ma la cifra potrebbe salire a 650). Soprannominata la contessa sanguinaria o vampira, perché era solita uccidere e dissanguare le sue giovani serve per poi bere e farsi il bagno nel loro sangue. Da sempre interessata alla magia nera, la contessa Bathory era ovviamente una squilibrata e sadica donna del suo tempo, cresciuta nella violenza e protetta dal suo rango, una donna intelligente ma segnata psicologicamente dal proprio background storico. Di certo il suo nome è diventato leggenda, e lo dimostrano canzoni, giochi, romanzi e film a lei dedicati. Una Sig.ra Bathory la ritroviamo, ad esempio, tra i torturatori del divertente Hostel 2, pronta a farsi una doccia col sangue di una delle vittime, mentre nel pessimo Stay Alive una sanguinaria nobildonna uccide ragazze per cibarsi del loro sangue in un videogioco che diventa paurosamente reale per i protagonisti del film. Nel 2008 è uscito Bathory, diretto dallo slovacco Juraj Jakubisko mentre è del 2009, invece, La Contessa, film drammatico ispirato alla vita di Bathory ma in modo estremamente romanzato.
Non era un conte invece, ma un uomo qualunque, Ted Bundy, serial killer americano che uccise 35 donne tra il 1974 e il 1978. Un uomo affascinante ma estremamente violento, violentatore sadico e tendente alla necrofilia. A lui è stato dedicato un film che, sinceramente, non trovo niente male ma con un'impronta estremamente televisiva, intitolato Ted Bundy (2002) diretto da Matthew Bright.
Se andassimo invece un po' più in dietro nel tempo e ci spostassimo in Russia, potremmo parlare di Andrej Romanovič Čikatilo detto anche il Mostro (o Macellaio) di Rostov e Lo squartatore rosso, un vero comunista che mangiava i bambini, accusato di 53 omicidi tra donne, uomini e bambini. Pedofilo, pervertito, e necrofilo, uccideva a pugnalate le sue vittime essendo quello l'unico modo che aveva per eccitarsi sessualmente. Fu attivo tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '90. A questo personaggio è stato dedicato il film Evilenko (2004) diretto da David Grieco e interpretato da Malcolm McDowell. Pellicola interessante ma estremamente cruda.
Ovviamente tra i serial killer che più hanno insanguinato il nostro pianeta non possiamo non parlare di Ed Gein, un vero e proprio disgraziato, con deficit mentali, la cui mente deviata ha risentito molto di un'educazione severa e violenta da parte della madre. Attivo nella prima metà del '900, Ed era un assassino necrofilo che riesumava cadaveri nel vicino cimitero e che violentava quelli delle sue vittime. Usava addobbare la sua casa con pezzi putrefatti di cadaveri, ossa e denti. Il suo mito ha ispirato film come Psyco, Non Aprite Quella Porta e Il Silenzio degli Innocenti. A modo loro tutti capolavori.
Ovviamente anche noi italiani abbiamo dovuto affrontare i nostri serial killer e i nostri mostri. Forse il primo nome che viene in mente quando parliamo di questo argomento è Il Mostro di Firenze, ma non è di questo che voglio parlare. Vorrei ricordare invece il nome di Roberto Succo, un mostro che negli anni '80 terrorizzò l'Italia, la Svizzera e la Francia, violentando, assassinando e rapinando. Un'escalation iniziata con l'assassinio dei genitori e terminata con il suo suicidio. Squilibrato dalla forza fisica impressionante è stato il protagonista di uno dei casi più agghiaccianti della nostra storia giudiziaria, raccontato nell'omonimo film di Cédric Kahn del 2001.
Il serial killer più famoso della storia, poi, è ovviamente Jack the Ripper, Jack lo Squartatore, assassino di sole cinque prostitute ma entrato nel mito perché 1) la sua vera identità è ancora avvolta nel mistero 2) perché è diventato simbolo della londra vittoriana e rappresentazione dei difetti e delle debolezza dell'Inghilterra di fine '800. Jack è comunque il babau, l'uomo nero, il mito negativo, il mostro della letteratura al pari di un Dracula o un Fantasma dell'Opera qualsiasi. Inutile fare un elenco dei film ispirati a questa fantomatica figura: vorrei solo ricordare l'orribile teen horror Ripper - Lettera dall'inferno (2001) o il comic movie From Hell - La Vera Storia di Jack lo Squartatore (2001) dei fratelli Hughes.
I mostri quindi sono fra noi. Lo sono sempre stati. E forse quello dei serial killer è uno dei pochi casi in cui l'arte e la cultura si lascia influenzare dagli orrori della realtà. Poi, ovviamente, il cinema ci ha ricamato sopra, ma di questo parleremo la prossima volta con la classifica dei migliori film sui serial killer (reali e immaginari). Intanto meglio pensare ad altro, che la settima arte non deve essere per forza fonte di disagio e di cose belle ce ne sono tante, sul grande schermo e nel mondo che ci circonda.
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