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Cinema - La vendetta delle donne (Venere in pelliccia) - di Angela Laugier

Creato il 01 dicembre 2013 da Tafanus

VenereRecensione del film: "VENERE IN PELLICCIA" (di Angela Laugier)

 

Titolo originale: La Vénus à la fourrure

 

Regia: Roman Polanski

 

Principali interpreti: Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric
– 96 minuti- Francia 2013

 

Contrariamente a quelle che sono le mie abitudini, mi è quasi impossibile non parlare del finale del film. D’altra parte in un film di questo genere, che fa appello più alla nostra intelligenza che alle nostre emozioni, il finale non costituisce lo scioglimento di qualche misterioso interrogativo legato alla vicenda.

 

La ricerca dell’attrice adatta alla parte di Vanda non aveva dato i risultati sperati, cosicché ora Thomas (un grandissimo Mathieu Amalric), autore e regista della pièce teatrale Venere in Pelliccia, avvilito e frustrato, avrebbe voluto tornare a casa e non pensarci più, almeno per quella sera.
In verità non era lui il vero autore della storia: egli si era limitato a ridurre per il teatro il romanzo erotico dallo stesso titolo, pubblicato nel 1870 e famoso per aver dato celebrità allo scrittore austriaco Leopold von Sacher-Masoch, al cui nome è legata la fenomenologia amorosa che si chiama, per l’appunto, masochismo. Mentre, dunque, Thomas stava per lasciare il teatro, era stato trattenuto all’uscita dall’improvviso irrompere di una donna (la straordinariamente brava Emmanuelle Seigner) non più molto giovane, vestita in modo così provocante e sguaiato da far invidia a una qualsiasi prostituta; era, inoltre, bagnata dalla testa ai piedi dalla pioggia che le aveva disfatto la pettinatura e disciolto anche il trucco del volto, accentuandone ulteriormente la volgarità. Si chiamava proprio Vanda, ma per puro caso, naturalmente: avrebbe voluto anche lei, arrivata con molto ritardo, un’audizione per quella parte, essendo convinta di essere la più brava e anche la più adatta interprete del personaggio.

Alcune battute del copione, dette con la giusta intonazione, erano state il lasciapassare che le aveva fatto superare l’iniziale riluttanza di Thomas, il quale, molto seccato, non avrebbe voluto affatto darle retta. Si era imposta vieppiù, invece, grazie alla eccezionale capacità di dare corpo e volto allo spirito profondo del testo. Il regista-autore, allora, non solo aveva osservato con affascinata meraviglia il trasformarsi anche fisico dell’attrice calata perfettamente nella parte, ma era stato anche incantato dalla sua competenza teatrale: solo lei aveva colto l’importanza del gioco delle luci sulla scena, regolandole in modo impeccabile e solo lei aveva pensato all’opportunità di inserire alcune citazioni, un po’ inquietanti, dalle Baccanti di Euripide, evocando le donne di Tebe che, avendo adorato il dio Dioniso, lo avevano vendicato ferocemente quando il re della città lo aveva bandito per impedire a loro, madri, mogli e figlie, di amare il piacere e l’ebbrezza dei suoi riti.

Era cominciato, in tal modo, un gioco davvero strano, nel quale Thomas, che fin allora era convinto di dover guidare la recitazione di lei, ora stava lasciandosi trascinare, sedotto dalla forza inaspettata della sua interpretazione, in un ruolo diverso e subalterno: avrebbe dovuto essere il regista, ma ora diventava l’attore che lei stessa, vera padrona della scena, dirigeva.

L’oggetto della pièce, a poco a poco, stava trasformandosi in una crudele e vendicativa guerra contro di lui, il maschio eternamente assetato di potere, nella quale Vanda, la donna eternamente sottomessa, gli imponeva infine il proprio dominio. Thomas era d’altra parte talmente affascinato da lei da diventarne schiavo, così soggiogato da accettare qualsiasi umiliazione senza reagire. I lacci, dai quali a poco a poco si era lasciato avvolgere, avrebbero trovato una ironica e beffarda rappresentazione nella scena finale, quando lei se ne sarebbe andata con indifferenza fra i tuoni e i fulmini dell’acquazzone che si stava abbattendo su Parigi, dopo averlo truccato e vestito da donna, nonché legato all’altissimo cactus, a forma di fallo, che aveva dominato la scena per tutto il tempo della recitazione.

 Questo film di Polanski, molto bello, vero gioco dell’intelligenza, condotto con ironia briosa, non si ispira in realtà direttamente al romanzo di Sacher-Masoch, ma alla sua versione teatrale, intenzionalmente femminista, che David Ives aveva scritto nel 2010 e che avrebbe rappresentato l’anno successivo a Broadway, ottenendo il gradimento crescente e infine trionfale del pubblico femminile di NewYork. Ives aveva voluto scrivere un testo che confutasse il masochismo, nel presupposto che, diversamente da ciò che appare, in quel tipo di erotismo sia il maschio a condurre il gioco, fingendosi sottomesso, ma in realtà pretendendo dalla donna i comportamenti che piacciono solo a lui. Polanski, a sua volta, aveva ritenuto che il ribaltamento dell’ottica maschilista si prestasse a un bell’adattamento cinematografico, che gli avrebbe consentito, fra le altre cose, di valorizzare finalmente le straordinarie qualità di attrice di Emmanuelle Seigner, sua moglie, quasi a compensarla del sacrificio del proprio talento di attrice, di cui era stato causa involontaria, avendola oscurata con la sua personalità e la sua fama. Non per nulla Thomas- Amalric rassomiglia in modo impressionante a Polanski da giovane. Un bell’omaggio e un grande atto d’amore verso di lei!

Questo particolare, di cui la Seigner ha parlato in una bellissima intervista ai Cahiers du Cinema, ci dice però anche quanto complesso e ambiguo sia il gioco dei ruoli in questo film e con quanta attenzione debba essere meditato per coglierne la straordinaria ricchezza.

Angela Laugier


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