Difficile non avere aspettative per il nuovo film di Steven Spielberg, che vede come protagonista un mostro di bravura come Daniel Day-Lewis ed è candidato a fare incetta di Oscar.
Come spesso succede le aspettative vengono tradite, non necessariamente però in negativo. Ti attendi un film storico, ti ritrovi con un film politico che descrive quel processo 'democratico' che in più di mezzo secolo non è cambiato, ma ne ha perso in molti casi gli ideali, la sana e vera passione.
La storia si ripete d'altronde, e la storia non si fa senza compromessi e aiuti. La storia ha però anche bisogno di uomini eccezionali, e da qui un Lincoln descritto (mai nel profondo) tra luci e ombre nel ruolo non solo di politico e uomo ma di padre e marito.
Daniel Day-Lewis è come sempre bravissimo, ma lo ammetto per me la sua interpretazione è stata danneggiata da un doppiaggio (ad opera di Pierfrancesco Favino) troppo caratterizzante ed enfatizzato. Già dopo qualche battuta mi chiedevo chi fosse il doppiatore, ben presto ho riconosciuto la voce dell'attore italiano (da me molto apprezzato) che qui mi ha fatto storcere il naso per quasi tutto il film. Il doppiatore del resto non dovrebbe essere al servizio dell'attore che doppia?
Musica e fotografia da grande Kolossal. Due ore e mezza che si fanno sentire, ma non lasciano deluse. Bello non un capolavoro.