Che a questo governo non piacesse per niente la parola cultura lo avevamo vagamente intuito. E le conferme, di giorno in giorno, arrivano da tutte le parti. Ultima novità è la tassa ammazza-cinema, così almeno la definiscono i gestori delle sale. Dal 1° luglio di quest’anno, infatti, e fino al 31 dicembre del 2013, il prezzo del biglietto per vedere un film sul grande schermo costerà un euro in più.
La decisione presa dal governo, è motivata da un’altro degli ormai famosi tagli alla cultura: in questo caso l’euro in più sul prezzo del biglietto al cinema dovrà coprire il taglio del 40% ai fondi per lo spettacolo. Le risorse così reperite dalle teasche degli spettatori, ammesso che continuino ad andare al cinema, ammonteranno, secondo rosee previsioni, a circa 90 milioni di euro l’anno. Tutto questo ben di Dio, tuttavia, non potrà servire a finanziare ”opere prime e opere seconde”. Insomma, un regista emergente con questi soldini non potrà girare neppure un contrometraggio.
Ad essere molto preoccupati non sono però solo i clienti dei cinema. I più allarmati sono infatti i gestori delle sale, grandi o piccole che siano. Non un centesimo della maggiorazione sul costo del biglietto potrà andare nelle casse dei cinema che dovranno girare l’intera ‘plus valenza’ al ministero dell’Economia. In questa maniera, anche i gestori che hanno fatto investimenti per ammodernare il parco proiettori o l’arredamento della sala cinematografica, non potranno ammortizzare le spese in uscita.
Inoltre, in un momento in cui si recuperava alla grande sul numero di spettatori, in particolare dei cinema made in Italy, il rischio è che un euro in più corrisponda a una brusca inversione di tendenza. Insomma, a un piccolo rialzo del prezzo potrebbe corrispondere un grande calo nelle presenze. E a rischiare maggiormente, come al solito, sono le piccole realtà. Laddove magari il cinema è l’ultimo baluardo di cultura rimasto. Ed è proprio qui che le sale rischiano di svuotarsi del tutto con i gestori che già temono il fallimento.
Buona notizia (si colga l’ironia) è che sono escluse dall’aumento del prezzo del biglietto solo le sale cinematografiche parrocchiali. Anche se, dai dati a nostra disposizione, non ci risulta che diffondano un cinema cosiddetto d’autore.
Insomma, anche il presidente nazionale dell’Agis, Paolo Protti, parla di un ”governo che mette le mani nelle tasche degli spettatori”.
E se lo stesso sistema dovesse essere applicato anche al teatro?
Riflettete prima che aumentino anche il costo del pensiero.