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Cinema: recensione di “The Wolfpack”, un docu-film che racconta la storia di sei fratelli segregati in casa

Creato il 30 ottobre 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

(Recensione di Giulia Betti per “storiadeifilm.it“) – “The Wolfpack” è un film documentario di Crystal Moselle. Con Mukunda Angulo, Bhagavan Angulo, Jagadisa Angulo, Krsna Angulo, Narayana Angulo e Govinda Angulo. E’ uscito nelle sale cinematografiche lo scorso 22 ottobre.

I sei fra­tel­li An­gu­lo hanno tra­scor­so tutta la pro­pria vita rin­chiu­si in un ap­par­ta­men­to del Lower East Side di Ma­n­hat­tan, lon­ta­ni dalla so­cie­tà ci­vi­le. So­pran­no­mi­na­ti the Wol­fpack, sono straor­di­na­ria­men­te bril­lan­ti, si sono for­ma­ti stu­dian­do a casa, senza nes­sun co­no­scen­te al di fuori della fa­mi­glia e non sono pra­ti­ca­men­te mai usci­ti dal loro ap­par­ta­men­to. Tutto ciò che co­no­sco­no del mondo ester­no pro­vie­ne dai film che guar­da­no in ma­nie­ra os­ses­si­va e che ri­met­to­no in scena me­ti­co­lo­sa­men­te, uti­liz­zan­do ela­bo­ra­te at­trez­za­tu­re sce­ni­che e co­stu­mi fatti in casa. Per anni que­sto pas­sa­tem­po è stato per loro uno sfogo crea­ti­vo e un modo per pre­ve­ni­re la so­li­tu­di­ne: ma dopo la fuga di uno dei fra­tel­li (in­dos­san­do la ma­sche­ra di Mi­chael Myers per pro­teg­ger­si), le di­na­mi­che fa­mi­lia­ri sono cam­bia­te, e tutti i ra­gaz­zi hanno co­min­cia­to a so­gna­re di av­ven­tu­rar­si al­l’e­ster­no.

Che cosa pen­se­re­ste se, pas­seg­gian­do in­di­stur­ba­ti nella First Ave­nue a Ma­n­hat­tan, vi tro­va­ste di fron­te un bran­co di ado­le­scen­ti ve­sti­ti a mo’ di Re­ser­voir Dogs ta­ran­ti­nia­ni?

Forse nien­te, pro­ba­bil­men­te ri­de­re­ste, ma­ga­ri non ci fa­re­ste nem­me­no caso, di­pen­de tutto dal vo­stro grado di cu­rio­si­tà e della pre­sen­za o meno in voi di un certo fiuto re­gi­sti­co, una sen­si­bi­li­tà per l’i­dea ti­pi­ca di un ar­ti­sta.

La gio­va­ne ci­nea­sta Cry­stal Mo­sel­le non si è cer­ta­men­te la­scia­ta scap­pa­re il grat­ti­no vin­cen­te, li ha fer­ma­ti, li ha ami­che­vol­men­te in­ter­ro­ga­ti ed, af­fa­sci­nan­do­li con la sua cul­tu­ra ci­ne­ma­to­gra­fi­ca, li ha con­vin­ti ad es­se­re pro­ta­go­ni­sti ed in­ter­pre­ti del suo do­cu­men­ta­rio d’e­sor­dio. Cer­ta­men­te, però, pen­se­re­te anche voi, non basta es­se­re stra­va­gan­ti e muo­ver­si in grup­po per su­sci­ta­re quel grado di in­te­res­sa­men­to ne­ces­sa­rio per er­ger­si a per­so­nag­gi d’un do­cu­men­ta­rio, quin­di, è d’ob­bli­go al­le­ga­re pron­ta­men­te la vera mo­ti­va­zio­ne che ha spin­to la re­gi­sta new­yor­ke­se a de­di­ca­re cin­que anni di vita nella pro­get­ta­zio­ne, svi­lup­po e rea­liz­za­zio­ne di “The Wol­fpack – Il Bran­co”, opera vin­ci­tri­ce del pre­sti­gio­so Grand Jury Prize al­l’ul­ti­moSun­dan­ce Film Fe­sti­val, non­ché dei no­stra­ni premi del pub­bli­co e della giu­ria al Roma Film Fe­sti­val 2015.

I sette fra­tel­li An­gu­lo, figli di una hippy ame­ri­ca­na, fi­gu­ra ge­ni­to­ria­le pas­si­va e sot­to­mes­sa al pro­prio ma­ri­to, e di un Inca pe­ru­via­no se­gua­ce del culto Hare Kri­sh­na, mem­bro do­mi­nan­te, ma­schio Alfa del grup­po fa­mi­lia­re, sono nati e cre­sciu­ti in un ap­par­ta­men­to del Lower East Side del primo e più den­sa­men­te po­po­la­to fra i bo­rou­gh di New York City.

Lì, come Anne e Ni­cho­las di The Others (2001), gli An­gu­lo, ra­gaz­zi in carne ossa e non fan­ta­smi, vi­vo­no se­gre­ga­ti pren­den­do le­zio­ni… (per continuare a leggere la recensione > “storiadeifilm.it”']);">cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).


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