(Recensione di Pasquale D’Aiello per “storiadeifilm.it“) - ”Una volta nella vita” è un film di Marie-Castille Mention-Schaar. Con Ariane Ascaride, Ahmed Dramé, Noémie Merlant, Geneviève Mnich e Stéphane Bak. Esce nelle sale cinematografiche italiane il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria.
In un comune della banlieu parigina, una seconda liceo, particolarmente turbolenta e attraversata da conflitti culturali, partecipa ad un concorso sulla memoria dei bambini vittime della Shoah. Questa esperienza diventa la sua opportunità di maturazione.
In un comune della banlieu parigina, una seconda liceo, particolarmente turbolenta e attraversata da conflitti culturali, partecipa ad un concorso sulla memoria dei bambini vittime della Shoa. E’ questa la carta che la loro professoressa decide di tentare per offrirgli una possibilità di maturazione che li sottragga al futuro di emarginazione a cui sono destinati. Tratto da una storia vera, sceneggiata, e resa anche in forma di romanzo (in Italia edito da Vallardi), da uno degli stessi ragazzi che l’hanno vissuta (Ahmed Dramé), qui anche attore, indaga i conflitti giovanili tipici delle periferie francesi, in cui la composizione multietnica crea contesti sconnessi rendendo l’adolescenza il terreno sul quale si confrontano opzioni culturali opposte. Si tratta di opzioni molto spesso polarizzate nell’antagonismo tra legalità e illegalità, Islam radicale e laicità dello stato ma che più in generale sono descrivibili dall’opposizione inclusione-esclusione.
La professoressa Anne Gueguen sa che i suoi allievi sono destinati per lo più ad abitare la periferia della società, candidati a ricoprire ruoli di rincalzo. Molti educatori si sono già arresi a questa evidenza e stanno lasciando fluire la vita nella direzione già presa. Ma lei non ha perso le speranze e decide di iscrivere la sua classe ad un concorso nazionale che li porterà a comprendere il valore della collaborazione ma soprattutto quello dello studio e della memoria. Accedere ad una memoria condivisa rende questi ragazzi parte della società e ne divengono consapevoli.
In un presente, che non offre facilmente occasioni di condivisione a chi parte da una condizione di esclusione, è il passato ad offrire un’opportunità di partecipazione all’identità della nazione, e non a caso il titolo originale del film (Les Héritiers, Gli Eredi) evidenzia il tentativo di passare del testimone anche a questi giovani cittadini. Lo stile utilizzato è quello tipico del cinema del reale, con attori in parte non professionisti, abbondante utilizzo di camere a mano che rendono il racconto intimo e partecipato, in alcune riprese si arriva ad utilizzare anche tre camere perché è un film collettivo sulla crescita dei personaggi, non tutto si può mettere in sceneggiatura e nel lungo lavoro di montaggio si è dovuto scavare nelle molteplici inquadrature per cogliere gli sguardi e le relazioni più significative tra i personaggi. La Francia ha ben presente che il suo futuro si progetta nella… (per continuare a leggere la recensione > “storiadeifilm.it”']);">cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).