Pina, giornalista prima di diventare scrittrice, conosce bene la sua città, ne conosce ogni aspetto e con lucida consapevolezza ce la racconta. Sono piccoli dettagli a rendere davvero realistica e credibile la narrazione. Ad esempio, descrivendo il ristorante cinese al quale il giovane protagonista viene destinato dall’Organizzazione, l’autrice ne approfitta per ricordarci che i clienti occidentali si dividono in due categorie: quelli diurni, impiegati che mangiano un solo piatto, e quelli serali, i giovani che hanno pochi mezzi .Quando alla camorra si aggiunge la mafia cinese il quadro è davvero senza speranza: per i bambini e i ragazzi indifesi è durissima. Alla fame, agli stenti, al lavoro massacrante, al mercato delle adozioni, fa compagnia una struggente nostalgia per il villaggio e per la proria cultura. Mi sono soffermata molte volte a rileggerne dei passi e, se ne avessi avuto il tempo e la capacità, mi sarei messa a segnare le scene per un film, un film che riesco a immaginare guidato dall’occhio pittorico di Garrone, un occhio che ha una gran cura per le immagini attraveso le quali il racconto si snoda sullo schermo ed entra nelle vene dello spettarore.
Grazia Gotti