Serata atipicamente invernale per la mia città sudista e fortunatamente piovosa. Arrivata nelle vicinanze del cinema, comincio quasi inconsapevolmente a calare sempre di più il cappuccio del giubbotto sugli occhi, rischiando di inciampare ad ogni passo, e ad infossare la testa dentro una gigantesca sciarpa, guardandomi attorno con circospezione e pregando di non incontrare nessun conoscente (vano tentativo distrutto da un: "Claudia, non ci credo! Sei l'ultima persona che pensavo di poter incontrare, tu che sei così cinefila!"). Farfuglio alla ragazza che lavora alla cassa di darmi un biglietto ed entro in sala ancora bardata a neve, cappello compreso, per la visione antropo-sociologica di Cinquanta sfumature di grigio, il film dell'anno.
Prima di sedermi tra le ultime poltrone, è corretto fornire, giusto per sembrare più professionali, qualche dettaglio tecnico di cui sono a conoscenza: la regia della pellicola tanto attesa è di tale perfetta sconosciuta Sam Taylor-Wood che ha diretto solamente Nowhere Boy (2009) dove ha conosciuto il suo attuale compagno di ventitré anni più giovane di lei (reputo fondamentale questa informazione nello sproloquio generale ed evito di ricordare che il lui in questione altri non è che Aaron Taylor-Johnson o se preferite il Vronsky dell' Anna Karenina firmata Joe Wright); attori protagonisti: il figo Jamie Dornan e Dakota Johnson, figlia di Don Johnson e Melanie Griffith. La trama è tratta dal romanzo best seller mondiale, Cinquanta sfumature di grigio della scrittrice inglese E. L. James, edito in Italia nel 2012 da Mondadori e di cui esistono anche le sfumature "rosse" e "nere" che completano la trilogia.
Mi sembra di sprecare i tasti a scrivere una trama che tutti inconsciamente ormai conosciamo. Anastasia Steele ha ventuno anni ed è una vergine immacolata e per giunta provincialotta. Un giorno sostituisce la sua coinquilina malata per intervistare il ricco e figo Christian Grey e lui va in fissa per lei. La comincia a tampinare perché vuole fare sesso con la ragazza, solo che mentre lei vorrebbe avere una storia normale, lui vorrebbe avere una storia sadomaso tra padrone e sottomessa con tanto di frustini, corde e sex toys di varia natura. Quasi dimenticavo! Il tutto con tanto di contratto letto, scritto e firmato delle pratiche da fare (Ah! Lui sceglie anche la ginecologa per lei, dettaglio che intenerisce). Insomma, Anastasia pare un po' tonta e non capisce bene che lui con lei vuole solo trastullarsi nella stanza del piacere/dei giochi sodomizzandola e sculacciandola, per poi, essendo ricchissimo, riempirla di regali per compensare la goduriosa violenza. Non vi racconto la fine, su. Dico solo che qualcuno in sala ha esclamato: "È finito così? Sì va beh...".
Bene, passiamo ai miei commenti. Prima di tutto il libro (che ho letto) è quasi meno banale del film che è una ciofeca di dimensioni apocalittiche, aggiungiamoci che le frasi del romanzo vengono tagliuzzate e diventano dei dialoghi quasi imbarazzanti soprattutto se interpretati con la maestria di un bambino di quinta elementare alla recita scolastica. Tecnicamente i dialoghi dovrebbero essere supportati da movenze e gesti teatrali a voler rendere la performance il più naturale possibile, ebbene signori e signore noi possiamo ammirare la voce ansimante di Dakota dall'inizio alla fine del lungometraggio (ansima anche per vendere un po' di corda) e quel suo gesto "sensuale" di mordersi il labbro in presenza di Mr Grey è talmente esagerato e zoomato che farebbe pensare più ad un tic che ad un atto provocante. Ma la cosa che più mi preme specificare è la mia profonda delusione nel non aver visto neanche un po' di sesso, ma come si fa a fare un film tratto da un romanzo erotico e non metterci nulla di stuzzicante? Possiamo ammirare le minuscole tettine della protagonista, ma dobbiamo lavorare davvero molto di fantasia per andare oltre il fondoschiena di Dornan. Potevate mostrarci qualcosina in più, soprattutto perché parliamo di un'opera vietata ai minori di quattordici anni. A quindici possono farvi scuola e doposcuola le teenager di oggi.
Passiamo alla mia parte preferita: il pubblico. Da sotto il mio cappello li ho studiati tutti gli spettatori e c'era una meravigliosa umanità, non mancava nessuno. C'erano ovviamente i gruppi di amiche, tutte ben vestite e messe in tiro per l'occasione che si scambiavano battute e risolini; c'erano gruppi di amici che facevano un po' di casino ma soprattutto c'erano le coppie. Le coppie giovani erano strategicamente sedute in poltrone laterali, o prendevano appunti o pensavano che la visione potesse spingerli a fare zozzerie in sala, ma le mie preferite erano le coppie di mezza età. Ne ho adocchiata una che ho tenuto sotto stretta sorveglianza tutto il tempo e la cosa sbalorditiva era lui che ad ogni intuizione di scena o pratica hot le diceva qualcosa all'orecchio. Ho l'impressione che a qualcuno degli spettatori più anzianotti sia venuto il colpo della strega più tardi a casa nel voler imitare quello che lo schermo ci ha fatto soltanto intuire.
Mi resta un po' di rabbia: il film è brutto, gli attori non lo migliorano, e io pagherei per vedere tutti questi spettatori riempire sale che proiettano opere più meritevoli. Il cattivo cinema è come il sesso fatto male, una delusione.