Cinque anni fa, il trionfo sotto il diluvio

Creato il 10 maggio 2013 da Posizione1 @ale_arbo

Maggio, mese di finali, di gare importanti, di tensione e adrenalina. E in attesa  delle finali scudetto non può mancare un nostalgico pensiero alla Final Four di Champions League, che non ci vedrà presenti per la prima  volta dal 2005 (e sorvoliamo sui motivi dell’assenza). Pensiero che, incrociato con un’occhiata al calendario, riporta alla memoria uno dei ricordi più intensi della storia recente della Pro Recco: la Final Four 2008 a Barcellona. Era il 10 maggio 2008 quando il diluvio universale fece da drammatica cornice alla conquista della quinta Coppa dei Campioni. E mentre il cielo di oggi minaccia pioggia, quasi volesse unirsi al ricordo, io ripesco dall’archivio il diario di quella trasferta. Buona lettura!

Barcellona, diario di una trasferta

Giovedì 8 maggio

Le grandi attese sono sempre complicate da gestire. Quando aspetti qualcosa per molto tempo arrivi al dunque con un surplus di adrenalina da rifornire un ospedale. Ti svegli al mattino del giorno X e cominci a contare i minuti che ti separano dalla partenza, chiudi gli occhi e cerchi di immaginarti tutte le scene che andrai a vivere fra qualche ora. Ecco, questo è il tuo avvicinamento alla partenza per Barcellona. Uscire di casa sembra una liberazione dalla tensione, anche se assomigli più ad uno sherpa che ad uno che parte per stare via tre giorni e arrivi al luogo dell’appuntamento pregando che qualcuno ti presti un paio di mani per reggere tutto. E mica finisce lì: quell’entusiasmo che ti fa regredire di una ventina abbondante di anni si diverte a mandarti in confusione, al momento di accogliere i tuoi compagni di viaggio cerchi di fare quattro cose contemporaneamente e i risultati sono quelli che sono. Se il buongiorno si vede dal mattino, la parola d’ordine sarà “delirio”.

Ti piacciono le partenze puntuali, vero? Su 148 persone ne resta a terra solo uno, che come il porto d’attracco cantato da Fossati non ha dato segno di sé, e vista la situazione puoi ritenerti soddisfatto così. Sono le 23 e pochi minuti, ti attende una notte lunga 880 chilometri, e tante cose da fare. I tre pullman viaggiano incolonnati, da quel che si intravede dai finestrini si direbbe che sul 3 sia in corso un rave…va bene, ragazzi, sfogatevi e poi dormiteci sopra, le energie serviranno soprattutto in piscina. Intanto una prima presa di contatto con i tuoi compagni di viaggio presenta un preoccupante quadro, tipo un terzo del pullman sprovvisto di prenotazione alberghiera. D’accordo che è il tuo lavoro, ma trovare stanze a mezzanotte da un’autostrada non è proprio una cosa facile…domattina ti verrà in mente qualcosa, ora dormi pure tu. Sì, bravo, dormire…ma quando mai sei stato capace di dormire su un pullman? Il sonno degli altri è una tortura, le cifre rosse dell’orologio di bordo ti riflettono negli occhi ogni minuto che passa, lo sguardo segue ogni cartello autostradale….lo facevi da piccolo, e a quanto pare non hai perso il vizio.

Venerdì 9 maggio

Le prime luci dell’alba si accendono all’altezza di Arles, più o meno a metà del cammino. Come da manuale non hai chiuso occhio, come da manuale un malinteso col pullman 1 ha fatto saltare l’incontro e bisogna rimediare: sosta lunga a Narbonne per sgranchire le gambe, fare colazione e recuperare il rendez-vous. Il cielo non sembra volersi disfare delle nubi, e la speranza che i bollettini meteo si sbagliassero si rivela vana ad ogni chilometro che passa: la vera parola d’ordine avrà la stessa lunghezza della precedente, ma un effetto meno divertente: “pioggia”. E ora che sono tutti più o meno svegli è il momento di quel discorso da guida che ti sei preparato per giorni pensando a tutti i particolari che possono evitarti di ricorrere alla Guardia Civil per recuperare i dispersi. Ora che sono tutti più o meno svegli ed è pure giorno cerchi di capire quante facce conosci e quanti sono quelli usciti da chissà dove, chi ha il tuo entusiasmo e le tue tensioni e chi magari ha solo sfruttato l’occasione per farsi un giro a Barcellona senza pagare il viaggio. Ora che sono tutti più o meno svegli, ed è pure giorno, e il catalano sostituisce il francese nei cartelli, ti accorgi dei chilometri percorsi, e pensi che ripercorrerli domenica potrebbe essere una festa o una tortura, e che la scelta potrebbe essere questione di particolari.

La tanto temuta pioggia si presenta dalle parti di Girona, e sarà la compagnia più fastidiosamente fedele che potevi immaginare. Il cielo è livido, non si intravede un’apertura, e mentre i navigatori si divertono a dare ognuno la sua versione dell’itinerario da seguire ti ritrovi improvvisamente fra le colate di cemento di Glories: benvingut a Barcelona, l’accoglienza poteva sicuramente essere migliore e qualcosa ti dice che non hai ancora visto nulla. Genova e Barcellona hanno alcune cose in comune, una di queste pare essere il traffico bloccato ogni volta che piove: fra code e semafori il percorso che separa lo svincolo autostradale da Plaça de Catalunya abbasserà notevolmente la media oraria….poco male, l’importante è essere arrivati.

Il check-in all’hotel è un po’ farraginoso e riserva subito qualche intoppo, mentre il telefono squilla in continuazione e capisci perché i viaggi preferisci organizzarli piuttosto che accompagnarli. Alla fine chiedi ospitalità per una rapida doccia, la tua camera sarà l’ultima ad essere resa disponibile, la troverai prima di salire al Montjuic. Lo stomaco reclama, fra un’attesa e l’altra si è fatto tardi…tardi per le tue italiche abitudini, non certo per i catalani, e sperare di trovare posto in 14 sulla Rambla è impresa disperata, fra camerieri che vogliono fare i simpatici e non trovano di meglio che darti dell’italiano mafioso e lancette impietose a ricordarti che c’è un appuntamento importante. Separarsi è l’unica scelta per mettere le gambe sotto il tavolo, mentre la pioggia pare essere sopportabile. Lo sarà molto meno all’uscita dal ristorante: la piazzetta è spazzata da un temporale furioso, benedici il momento in cui hai pensato di portare l’ombrello ma allo stesso tempo realizzi che in una situazione simile potrà giusto ripararti la testa. Di corsa in albergo ad indossare tutto ciò che di biancoceleste hai saputo portare, peccato solo che l’impermeabile sia rosso e copra tutto il resto rendendoti più simile ad un tifoso dello Jug. La pioggia si è stabilizzata sul livello “quasi tempesta”, e in collina anche il vento vuole essere protagonista. In metropolitana ti immagini di incontrare un sacco di gente diretta alla Piscina Municipal, e invece trovi solo uno sparuto gruppetto di ungheresi alla partenza della funicolare….comincia a farsi strada il sospetto che sarà una cosa per pochi intimi. E in effetti……

…..in effetti lungo il viale punteggiato di foglie come a novembre incontri poca gente, c’è un po’ di assembramento solo sotto la tettoia dell’ingresso alla piscina, unico punto coperto di tutto l’impianto e dal quale ovviamente la vasca non si vede. I primi che incontri danno fiato alle peggiori leggende metropolitane: non si gioca, si gioca più tardi, si gioca domattina, si annulla tutto, si cambia piscina. Basta allungare il naso oltre la tettoia e vedere laggiù in fondo i giocatori impegnati nel riscaldamento per capire che la partita si disputerà regolarmente, e ti torna alla memoria quella sorta di maledizione per cui ogni volta che veniva scoperta Punta S. Anna vi si addensava il cielo di Mordor. Alla pioggia negli appuntamenti importanti sei abituato, no? Distribuisci i preziosi biglietti, ti guardi in giro come la piccola vedetta lombarda alla caccia di quei cinque che mancano all’appello, poi guardi l’ora e pensi che in caso di bisogno hanno il tuo numero e ti chiameranno.

Il momento della verità è giunto, domani sera si può vincere la Coppa, ma se non vinci stasera non ci arriverai mai. E con questa tensione addosso la pioggia nemmeno la senti più, hai pensieri solo per quegli avversari in calottina bianca cui la recente vittoria in campionato ha modificato lo status da “abbordabile” a “spauracchio”. Il tuo rotolo di bandiere è rimasto in albergo, il tuo vecchio due aste non reggerebbe la pioggia e usarlo stasera significherebbe non averlo domani. E nella fretta hai lasciato in albergo anche le mazze gonfiabili che hai trovato nel kit del tifoso. Pazienza, si tifa col cuore e con la voce, il resto è un di più. Via, si parte e si segna subito, quel che ci vuole per prendere coraggio e pensare positivo. Poi 2-1, 6-3, addirittura 9-3, poco importa che nel quarto tempo siano solo gli altri a segnare, lo scoglio è stato superato e ti domandi se era proprio questo lo spauracchio. E indovina chi ritroverai domani sera? Ma lo Jug, certo, gli stessi dell’anno scorso, gli stessi di due anni fa, pare la storia infinita, una storia alla quale la prestazione di stasera ti fa guardare con maggior fiducia. E ora via, verso la funicolare, verso l’albergo, verso una doccia calda e un tavolo a cui cenare. Sei sveglio dalle 6 e mezza di giovedì mattina, ma la dose extra di adrenalina che la partita ti ha fornito basterà ad evitarti di crollare sulla paella. E’ l’una di notte quando rientri in albergo, ora puoi finalmente riposare mentre la pioggia non accenna a diminuire.

Sabato 10 maggio

Al risveglio sei uno zombie, al secondo passo appena sceso dal letto la gamba cede e scontri il televisore, scosti la tenda e impieghi un minuto buono a capire che quello spiazzo di cemento sotto al tuo balcone non è asciutto come ti sembra. Piove ancora, ha piovuto tutta la notte. I catalani esultano, hanno rischiato il razionamento idrico e per loro questo nubifragio è una benedizione, tu invece pensi che stasera sarà impietosamente peggio di ieri. Le ore da far passare sono parecchie, il telefono squilla e ti chiedono conferme al fantomatico spostamento in quella San Jordi detta “La Catedral” già visitata cinque anni prima. Una nuova leggenda metropolitana che ti accompagnerà fino al momento di risalire il Montjuic senza ovviamente trovare conferma alcuna. Che fare per occupare il tempo? Ti butti nella multicolore confusione del mercato coperto della Boqueria, dove salta agli occhi una capacità di presentazione del prodotto che dalle tue parti sarebbe pura fantascienza. Anche nel cuore di una metropoli puoi trovare un angolo, coperto per fortuna, in cui sentirsi come in un paesino di provincia a contrattare con fruttivendoli e venditori di spezie, dove trovare curiosi accostamenti come un banco di cucina orgogliosamente vegetariana di fronte a due macellai e varietà di frutta di cui nemmeno sospettavi l’esistenza.

Prossima tappa sarà un negozio di articoli sportivi dove i tuoi compagni daranno l’assalto a cerate e impermeabili di ogni tipo in previsione di una serata che ormai tutti immaginano come drammatica, e poi ti rituffi nel labirinto della metropolitana in direzione della Sagrada Familia. La avevi vista 9 anni fa, e aveva tutto sommato un suo senso; la rivedi oggi e prenderesti a schiaffi chi ha disegnato le nuove sezioni. Ma come, se c’è uno che non tirava una linea dritta era proprio Gaudì, cosa sono queste forme squadrate? Una vera delusione, che svanisce presto di fronte ad un pranzo seduto al bancone proprio come desideravi, l’inizio di un quieto pomeriggio che passerà per l’inevitabile visita a El Corte Inglés per proseguire in camera, ad ingannare l’attesa chiacchierando e mangiando biscotti guardando dal sesto piano la torre dell’hotel Catalunya sparire a tratti dietro il muro di pioggia.

Sono le 18,30 e il momento è giunto. Ciò per cui sei venuto fin qui ti afferra lo stomaco e lo stringe forte, e mentre la comitiva marcia verso la metropolitana ti domandi quale visionario regista possa aver architettato tutto questo. Lungo il tragitto incontri ancora meno gente di ieri, a vedere la finale di consolazione ci sono i soliti ungheresi ad alta gradazione alcoolica e uno sparuto gruppo di tifosi del Mladost, evidentemente delusi dal risultato della semifinale. In piscina non hai ancora incontrato uno spagnolo che non fosse dotato di pass, quindi in qualche modo addetto ai lavori, e non può essere solo questione di meteo. Chissà se almeno i tabelloni funzioneranno stasera, o se continueranno a proporre cifre del tutto casuali come ieri sera… Prendi posto in gradinata, di nuovo in un settore che non sarebbe stato il tuo, e tempo cinque minuti hai i ranocchi nelle scarpe. Sì, il presentimento era giusto, sarà molto peggio di ieri. Sollevi lo stendardo e il vento quasi vorrebbe spingerti sul Tibidabo, due lettere si staccano subito e ti convinci che non tornerà a casa con te. La città, in condizioni normali fantastico sfondo agli eventi sportivi, quasi non si vede; le guglie di Gaudì sono un’ombra incerta sullo sfondo, persino il suppostone di Glories fatica a farsi notare, e a venti minuti dall’inizio manca ancora un sacco di gente. Chi non si ferma mai sono gli ungheresi che continuano a cantare a torso nudo, ormai persi in un nirvana tutto loro. Le squadre come ieri fanno la presentazione direttamente dall’acqua, i boati di saluto ad ogni nome dei tuoi sono il segno che in gradinata sono finalmente arrivati proprio tutti. Chiudi gli occhi e stringi i pugni, si comincia…..

E’ dura, proprio come immaginavi, sempre testa a testa, sempre in equilibrio, quando il margine comincia ad allungarsi cerchi il coraggio o l’incoscienza di pensare che sarà una replica di ieri, quando a meno di tre minuti dalla fine il vantaggio è di tre reti qualcuno urla “E stasera, sangria per tutti!” Un secondo dopo gli altri iniziano la rimonta: undici pari a tempo quasi scaduto, lo spettro dei supplementari. Sei in trance, nervosissimo, urli improperi che non ti appartengono, quando su rigore lo Jug sorpassa ti crolla il cielo addosso ma non perdi quel tuo ingenuo e inconsapevole ottimismo. E poi Sandrone pareggia, e loro non riescono più a concludere, e perdono palla, e chiami il time-out assieme a Pino, stai tremando e non certo per il freddo, sei in acqua pure tu con loro e l’ultima palla è nelle tue mani, la lotteria dei rigori dietro l’angolo, quando Norbert subisce fallo a sei secondi dalla fine è il tuo braccio a guidare il suo, un momento infinito come nei cartoni giapponesi, la rete si gonfia e tu impazzisci assieme ad altre duecento persone, in un urlo così forte che persino la pioggia sembra intimorirsi e farsi rispettosamente da parte. Mancano cinque secondi alla fine, la Coppa è lì ad un passo ma non osi anticipare i tempi, guardi l’ultimo disperato tentativo croato perdersi nel nulla e resti immobile a guardare il cielo con le braccia alzate, le gocce sul viso non sono più pioggia ma lacrime liberatorie di una gioia infinita per una meta raggiunta, poi persa e infine riacchiappata con le unghie. Campioni d’Europa. Missione compiuta.

(clicca qui per gli highlights della partita)

Domenica 11 maggio

Se avessi voluto scommetterci non te la avrebbero accettata: c’è il sole a far capolino fra le tende in questa dolce domenica mattina nella quale Barcellona si mostra in tutta la sua bellezza. Peccato che non ti resti altro tempo, solo quello di riempire lo zaino e aspettare il pullman per un lungo viaggio di ritorno. Venerdì mattina sentivi che la differenza fra un ritorno felice o mesto sarebbe stata questione di particolari, e così è stato. Quei particolari, quegli attimi che già altre volte avevi visto decidere le sorti della Pro Recco: la zampata di Marco Galli nell’inferno di Albaro, il balzo in cielo di Ferretti a preparare il gol di Ikodinovic alla Sciorba, quella palla malandrina scagliata da Buonocore a tempo scaduto, il missile di Felugo l’anno scorso a Milano. Quei particolari che ti fanno amare questo sport nel quale nulla è certo fino a quando non lo sancisce la sirena. Sul pullman c’è chi parla già di Savona e di finale scudetto, ma tu vuoi gustarti ancora le tempestose emozioni di ieri sera, ogni tanto chiudi gli occhi e rivedi quella rete che si gonfia dietro la spinta del pallone, rivedi la gioia negli occhi dei giocatori che sei corso ad abbracciare, e sorridi. E sai bene che nonostante la stanchezza, il sonno, la pioggia, i momenti difficili, nonostante tutto questo se ti dicessero che domattina si riparte saresti in prima fila. Soprattutto, sai bene che stanotte arriverai a casa, mollerai i bagagli in mezzo al corridoio, sfiderai il sonno e andrai a rivedere quegli ultimi venti secondi di partita, e al gol alzerai le braccia al cielo come ieri sera, con lo stesso brivido che ti scuoterà come gli alberi nella tempesta del Montjuic.

Photo credits: vlv.hu
Video di Edoardo Osti


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