Il suo ultimo romanzo, Nel bosco di Aus, è stato tra i dodici finalisti del “Libro dell’anno” 2011 del programma radiofonico Fahrenheit e finalista al “Gran premio delle lettrici” della rivista Elle. Secondo la presentazione dell’editore, narra “una vicenda inquietante, dove niente è quello che sembra e che, in un crescendo di suspense, lascia con il fiato sospeso fino al sorprendente snodo finale”.
1. Chiara, perché hai scritto questo romanzo? Da quale tua esigenza è scaturito?
Dalla suggestione di un luogo, appunto il bosco di Aus, che sorge nell’entroterra ionico. Un luogo di una bellezza selvaggia. Immaginatelo come una cascata verde che dalla collina precipita in una profonda gola di pietra. Su questo sfondo misterioso ha preso corpo l’inquietante vicenda di streghe narrata nel romanzo. Streghe spietate e feroci che si trovano a incrociare il passo di Carla, la protagonista, una tranquilla insegnante d’inglese madre di tre ragazzini, e a intavolare con lei una spaventosa partita a burraco che ha per posta ben più della vita stessa…
Mi affascinava l’idea di raccontare, attraverso la metafora classica della strega, la storia quasi banale di una donna di oggi, una donna qualsiasi, stretta tra famiglia e lavoro, che subisce una sorta di “invasamento”. Anzi, un danno ancora più grave, visto che il tema di fondo del romanzo è l’invidia. E allora quale metafora più forte per rappresentarla se non quella di Crimilde che porge a Biancaneve la mela avvelenata?
2. C’è una ragione particolare per la quale le protagoniste della storia sono donne? Ti senti più a tuo agio con i personaggi femminili?
Effettivamente si tratta di un romanzo tutto al femminile. Carla Passante, l’ambigua Amanda Satriani, l’enigmatica Norma, la fantasmatica Rita, solo per citare alcuni dei personaggi, raccontano insieme, collettivamente direi, i grandi temi dell’universo femminile: gli amori, gli odi, l’amicizia, le rivalità, la solidarietà, la difficile mediazione tra lavoro e famiglia, la paura di invecchiare.
In genere tutti i miei romanzi hanno al centro una donna come protagonista. Valga per tutti Mirta-Luna, la giovane sopramorta della trilogia omonima. E’ ovvio che per una scrittrice sia più semplice, forse anche più interessante esplorare una psicologia affine. Eppure negli ultimi tempi sono tentata dal salto nel maschile. Provare a confrontarmi finalmente con un protagonista uomo. Non so, ci sto pensando. Non è facile, però appare stimolante.
3. Le statistiche ci dicono che le donne leggono più degli uomini. D’altra parte, i libri più “visibili” (premiati, o che entrano in classifica) sono quasi sempre scritti da uomini. Come te lo spieghi?
Anche in politica, le donne votano gli uomini. Anche al top delle professioni si preferiscono figure maschili. E’ così dappertutto. La verità è che da sempre gli uomini sanno far gruppo mille volte meglio delle donne. Altro che sorellanza… sono gli uomini che hanno inventato la fratellanza e ci prosperano da secoli.
Del resto, le scrittrici sono in numero di molto inferiore rispetto agli scrittori, in una proporzione intorno 1 a 7. Ed è strano in un mondo, quello letterario, in cui non solo le lettrici sono in maggioranza, ma anche i funzionari editoriali sono in prevalenza donne. Nel caso dei premi, poi, la composizione delle giurie, prevalentemente maschili, condiziona il risultato. Tanto è vero che il “gran premio delle lettrici” del mensile Elle, in cui sono finalista col “Bosco di Aus”, ha deciso di formare una giuria di sole donne, per dare un segnale forte in controtendenza.
Adesso un lavoro, il mio lavoro. Ma dapprincipio un bisogno, un desiderio, quasi un sogno. E ci sono voluti anni per poterlo realizzare. Ovvio che non sto parlando solo di scrivere, ma anche di pubblicare. Non si scrive per non pubblicare, non avrebbe senso: mancherebbe la tensione, la voglia di costruire e di comunicare. Per me, la stesura di un romanzo equivale alla gestazione, la pubblicazione alla nascita. Perché è dalla lettura, dal confronto con i lettori che il romanzo inizia il suo percorso nel mondo. La sua capacità, seppur minima non importa, di incidere sul reale.
5. Tu credi che l’attività di una scrittrice si differenzi in qualche modo dall’attività di uno scrittore? Esiste, secondo te, una “scrittura femminile”?
Esiste nella misura in cui risponde a una “storicizzazione” del femminile stesso. Mi spiego. Non credo che esista una natura femminile primigenia, così come non esiste un maschile primigenio. Esiste invece un modularsi del femminile e del maschile nella storia. Del resto, nulla è dato al di fuori della storia. Di conseguenza, il diverso vissuto femminile e maschile ha senz’altro un riflesso sulla produzione letteraria e sui modi in cui questa si organizza, sia a livello di contenuti che di linguaggio.
Faccio degli esempi. Possiamo individuare un certo tipo di “scrittura femminile” ottocentesca nelle opere delle Brontë. Oppure leggere la Woolf per analizzare la scrittura al femminile nella prima metà del Novecento, o ancora la Yourcenar per il secondo Novecento. Ma sarebbe errato, a mio parere, disancorare il loro modo di scrivere, i contenuti delle loro opere, dall’epoca in cui hanno vissuto per rintracciare una tendenza omogenea di fondo. Ogni scrittrice, come ogni scrittore, ha un suo tono – una sua voce.
Grazie, Chiara! E per maggiori informazioni su Nel bosco di Aus potete visitare questa pagina sul sito di Edizioni Piemme, dalla quale è possibile accedere a diverse recensioni online, nonché scaricare un capitolo del libro in Pdf. Qui sotto, il video trailer.
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