Al centro del suo nuovo romanzo La velocità dei corpi (182 pag., 14 euro) c’è la figura di un prete spregiudicato, che sfrutta l’abito talare per fare i propri interessi: non esita a inscenare false apparizioni per gruppi di fedeli creduloni né a sfruttare il nome di un cardinale, organizzando una truffa ai danni di molti investitori incauti. È un misogino, che vede le donne come mero strumento di dominio, fantocci di carne da sedurre, con la pochezza delle creature peccatrici. Un giorno, però, seduce la donna sbagliata, moglie di un onorevole corrotto quanto lui…
1. Il protagonista del tuo romanzo è quindi un prete-malfattore. Sei stato ispirato da fatti di cronaca, da persone che hai conosciuto, o il personaggio è di pura fantasia?
Pura fantasia, certo. Ho costruito Don Sergio Quadrazzini con una miscela di realtà e di immaginazione, o meglio di realtà filtrata dall'interpretazione. Non mi interessava mettere in scena uno dei preti infami di cui le cronache, non solo italiane, hanno dato notizia recentemente. Volevo creare una figura umana che fosse, per certi aspetti, l'emblema della parte oscura della fede: un manipolatore, un uomo che domina tramite il plagio, la paura, il ricatto morale. E ho scelto un prete proprio perché fosse più violento il contrasto fra ciò che un uomo insegna e ciò che invece fa. Anche l'altro protagonista, l'onorevole Locasciollo, rappresenta il rovesciamento – senza la grandezza del Götterdämmerung, ma becero e osceno – dei valori della politica.
2. Paolo, perché hai scritto questo romanzo?
Il romanzo è un'altra realtà, che nasce da quella effettiva, fattuale e si affianca ad essa in una dialettica che è sempre critica, cioè muove domande, suscita riflessioni. Per questo si scrivono i romanzi: per pensare alla vita che facciamo, per pensare alla vita che potremmo vivere.
Paolo Cortesi (al centro, tra l'editor Piemme Francesca Lang
e il giornalista Giovanni Pacchiano)
La società italiana di oggi è, per me, un enigma antropologico (nel senso che diceva Pasolini); un mistero che può essere accostato, se non compreso, più dall'arte che dalla sociologia. In questo senso, la narrativa ha facoltà, ha poteri, ha suggestioni e strategie che nessuna ricerca storiografica potrà mai impiegare.
4. Credi che l’ambientazione contemporanea offra più “libertà” a un narratore?
Forse non più libertà, ma di certo più aderenza alla cosa, alla vita, alle parole dette e udite. Probabilmente, uno scrittore può essere più libero (al limite, più arbitrario) nel ricostruire “anime storiche”, purché rispetti -è ovvio- la cornice storica imposta dai documenti. Ma confrontandosi con la realtà presente, un autore può esprimere più liberamente il suo pensiero.
5. A cosa stai lavorando, al momento?
Penso al prossimo romanzo. All'apparenza, cioè, non faccio nulla; ma è invece la parte del lavoro più impegnativa, più rischiosa, più decisiva: se si imbocca la strada sbagliata, si buttano via mesi di riflessioni, appunti, spunti, possibilità, idee, parole. Se si azzecca la strada giusta, è l'inizio felice dell'attività più bella del mondo: scrivere un romanzo.
Grazie, Paolo! E per maggiori informazioni sul libro e sull’autore potete visitare il sito di Edizioni Piemme, dove è anche possibile scaricare un estratto del romanzo. Paolo Cortesi ha un blog: Conleparole.
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