Se penso a questo libro, la prima cosa che mi viene da dire è Leggetelo!
Vorrei proprio dirlo a tutti, Leggetelo!, tormentare amici e conoscenti e magari pure i non conoscenti. Ho iniziato fin dall’incontro di presentazione al Salone del Libro di Torino. Ne ho lette le pagine in autobus tenendolo sollevato, alto davanti alla faccia, come se soffrissi di presbiopia, solo perché la gente vedesse la copertina rossa e magari si chiedesse, Chissà che legge quella lì, magari ne vale la pena, se lo legge in piedi alle sette di mattina.
E se qualcuno mi chiedesse perché io direi:
- perché l’ha scritto Paolo Nori. E se conosci la scrittura di Paolo Nori sai perché questo è un motivo anche da solo. E se non la conosci, La banda del formaggio è il miglior libro tramite cui conoscerla. Farsene incantare. Rassicurare. Divertire. Brontolare insieme. Un po’ flusso di parole e pensieri che pensi e non dici e lì li puoi leggere.
- perché se sei di Parma, o sei emiliano, in generale, lo devi leggere. Il protagonista di La banda del formaggio dice che solo chi è di Parma lo capisce davvero. Che capisce come parla. E un po’ ha ragione, perché quando si riferisce alla figlia e la chiama Daguntaj posso quasi sentirlo, mio padre che mi dice “Chiara, daguntaj!” (“Chiara, dacci un taglio!”), e i mo mama che ti vengono dal cuore e dallo stomaco e sono meglio di qualsiasi commento di fronte a certe cose, e Paride che è Zioboja perché parla e dice sempre zioboja, allo stesso modo in cui altre volte altri, tipo me, parlano e dicono fi, o fichi, così tra le parole, come per dare più senso. Ecco, se sei di Parma – o emiliano – lo capisci. Andare in bici a Casalecchio di Reno. La cantilena delle parole. E se non sei di Parma, magari è più bello. Magari non ti suona familiare, ti suona qualcosa che vuoi conoscere. Un po’ strambo, forse. Magari più bello ancora.
- perché c’è una storia che è un giallo, anche se non sembra. Ti racconta una storia e non te ne accorgi, mettendoti un po’ nel sacco, alla fine, quando sei impreparato e invece t’ha raccontato tutto senza che te ne rendessi conto. Della figlia Daguntaj e del genero insopportabile, dei medici che ti ribaltano da capo a piedi e della morte di Paride, e di Paride quand’era vivo, della banda del formaggio e dei giornalisti che non capiscono niente, della fiera del libro di Roma e dei soldi di una piccola casa editrice.
T’ha raccontato cose divertenti e una storia triste ed erano uno dentro l’altro come una matrioska.
- perché fa ridere. Un sorriso interiore a volte, più o meno amaro, una risata palese altre. Sono andata a vedere sul dizionario e ho scoperto che ironia significa dissimulazione, dire una cosa per il suo contrario, e ho pensato che sì, in La banda del formaggio c’è tanta ironia, risata. Per altrettanta dissimulazione. Forse per quello si ha il cuore leggero, nel leggere, e la mente piena.
- perché ne La banda del formaggio di Paolo Nori trovate: Il dizionario delle parole che sento sui treni e sugli autobus e dentro i telefoni; una lettera per un supermercato; un genero, L’Illuminista, che chiama l’elettricista per cambiare la lampadina; ponderamenti sulla parola escort e la parola anziano; e sui paragrafi nei libri; e sui giornalisti, e la gente negli autobus; titoli di racconti mai scritti (tipo Il modo che le cantanti americane cantano l’inno americano al superbowl, che sembra sempre che si stan per cagare addosso); descrizione dell’acqua che non può essere descritta; lista di luoghi in cui si può trovare la letteratura. In cui si può trovare davvero.
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La banda del formaggio
Paolo Nori
marcos y marcos
224 pagine, 15 euro