Cinque ottobre

Aveva aspettato quella telefonata per settimane, dopo aver compilato moduli su moduli e inviato decine di lettere per dire io sono qui, sono fresca di laurea ma sono pronta, fatemi lavorare. Così, quando l'avevano chiamata per chiederle se fosse disponibile per quell'incarico, aveva dovuto reprime l'esultanza, e anche un po' di commozione, per rispondere compitamente e garbatamente all'impiegata che sì, avrebbe accettato volentieri. Adesso, con indosso la mise più seria che fossa riuscita a combinare col suo guardaroba tutto jeans di studentessa universitaria, seduta su una sedia di plastica in un corridoio grigio, attendeva ansiosa il colloquio con il Capo. Stava rimuginando sul cosa, il dove e il come, quando una signora occhialuta, alta e imponente, le era passata davanti e l'aveva interpellata imperiosamente:
- E tu, cosa ci fai qua?
- Beh, ecco... io... sono qui per parlare con il Preside... mi hanno chiamato per una supplenza...
- Di cosa?
- Di lettere...
- Ahhh!!! Allora sei tu, la mia supplente! Vieni, vieni, che hai tre ore in classe!
Ancora oggi, lei non ricorda bene come si sia alzata e abbia seguito la signora su per due piani di scale. Ricorda però, e alla perfezione, la pressione sulla schiena di una mano che la spinge in un'aula, una voce che dice Ecco, ragazzi, questa è la vostra nuova professoressa di lettere!, e il rumore della porta che si chiude alle sue spalle.

Così, dieci anni fa, giorno più, giorno meno, cominciava la carriera di insegnante della vostra Noisette.