Cinque riflessioni dopo la cattura di El Chapo Guzmán, il narcotrafficante più ricercato del mondo

Da Rottasudovest
La notizia della cattura di Joaquín Guzmán Loera, noto in tutto il mondo come El Chapo Guzmán, il narcotrafficante più ricercato del mondo, è stata la breaking news del sabato americano, con indiscrezioni e conferme che si inseguivano tra il Messico e gli Stati Uniti, tra Mezatlán, la città sull'Oceano Pacifico in cui è stato arrestato, e i notiziari di New York, fino all'annuncio ufficiale del Presidente messicano Enrique Peña Nieto. Sì, il capo del potente Cartel de Sinaloa, l'uomo che era scappato dalle carceri messicane tredici anni fa, in un carrello della lavanderia sporca, dando vita alla propria leggenda, è stato catturato ed è a disposizione delle autorità. Il giorno dopo, un bell'articolo di Alejandro Hope, direttore dell'Istituto Messicano per la Concorrenza (IMCO), sul quotidiano messicano El Universal, analizza le conseguenze della cattura di El Chapo. Che implicazioni ha la madre di tutti gli arresti? Si chiede, per offrire ai suoi lettori cinque riflesisoni. La prima: l'arresto del leader significa la fine del Cartello di Sinaloa? Non necessariamente e non sul breve termine: "L'organizzazione è sufficientemente decentralizzata da sopravvivere anche alla detenzione del suo principale leader". Però il potente cartello non ha successori naturali all'attuale classe dirigente, il che porta a pensare "a una sua graduale frammentazione" La seconda: ci sarà un altro cartello che trarrà vantaggio dalla cattura di Guzmán? Per Hope non è la domanda corretta. Bisognerebbe chiedersi come cambierà la criminalità organizzata. "Se davvero Sinaloa si frammenta, allora si accelera la trasformazione della criminalità organizzata, la mutazione di bande sofisticate di contrabbandisti in mafie locali e predatorie, con maggior vocazione per l'estorsione che per il trasporto di droga. In questo senso la cattura di El Chapo può segnare la fine di un'epoca". La terza: aumenterà la violenza? Un arresto così importante crea eidentemente una destabilizzazione di equlibri faticosamente raggiunti: la ricerca dei traditori, il tentativo dei carteles concorrenti di approfittare del vuoto di potere, le dispute tra i luogotenenti. "Ma non è neanche impossibile immaginare che questa cattura abbia un impatto dissuasivo. El Chapo era la stessa immagine dell'impunità: metterlo di nuovo dietro le sbarre è un potente messaggio sulle capacità dello Stato" La quarta: questa cattura è un trionfo per l'amministrazione di Peña Nieto? E' indubbio: ieri il giovane presidente ha ricevuto i complimenti di buona parte del Messico e degli Stati Uniti, ma, "al di là dei meriti dei responsabili diretti dell'operazione, è importante sottolineare che è il risultato di un lungo processo di rafforzamento istituzionale". C'è alle spalle un lungo lavoro dell'intelligence: indagini, conoscenza delle mafie, capacità di sintesi e di intuizione. Insomma, la detenzione di El Chapo "è un successo di Peña Nieto, ma, soprattutto, è una vittoria dello Stato messicano". La quinta: e gli Stati Uniti? Ieri è stato detto che l'operazione di arresto del criminale è stata compiuta con la collaborazione della DEA e i media ispanici degli USA hanno ricordato le richieste di estradizione del Paese. Hope sottolinea che non è ancora chiaro il coinvolgimento degli Stati Uniti nell'operazione, ma è più che probabile che chiederanno l'estradizione di Guzman "e le autorità messicane farebbero meglio a concederla. Oggi le prigioni messicane sono migliori rispetto a quelle di 13 anni fa, ma il governo vuole correre il rischio di nuovo il rischio?"

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