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Cinque stupidi luoghi comuni sul Web

Creato il 20 luglio 2013 da Mcnab75

web 2.0

Questo post è dedicato a tutti coloro che usano Internet non solo per divertimento, per cazzeggio, bensì anche per lavoro, cercando di tramutare una passione in una professione.
Quindi mi rivolgo agli scrittori, ai blogger, ai musicisti, ai giornalisti freelance, ai grafici. A tutti quelli che hanno scoperto che il Web è un’opportunità, una frontiera che offre spazio a chi sa scorgerlo. A chi lo rispetta.
In Italia (premessa sempre più presente in questo genere di articoli) c’è ancora molta ignoranza riguardo alla Rete. Siamo sempre stati indietro di quattro/cinque anni rispetto al resto del mondo occidentale.
Io sono sul Web dal 1997, ossia dal periodo di Internet 1.0 A quei tempi faceva figo “avere il sito”, anche se poi in realtà in pochi lo aggiornavano, né utilizzavano la posta elettronica. Chi era sveglio ne approfittò per portarsi avanti, gli altri si annoiarono alla svelta. Parlo soprattutto di artisti, cantanti, scrittori etc.
Nell’epoca di Internet 2.0, caratterizzata dai social network, dai blog e da un’interattività estrema, la confusione è ancora maggiore. E chi l’alimenta? I media. Con una serie di banalizzazioni estreme e dannose. Vediamo le principali.

Il Popolo del Web

Detto anche “Il Popolo di Facebook” o “Il Popolo di Twitter”. Un’espressione che sentiamo ripetere da mille telegiornali, che leggiamo sui quotidiani nazionali. Un’espressione che non vuol dire nulla. Non esiste un generico popolo di internatuti, perché questa categoria comprende tanto gli orribili pedofili che cercano materiale illegale online, quanto chi la Rete la usa per cazzeggiare. Ma anche chi ne fa un lavoro, chi con Internet ci lavora. Quindi “Popolo del Web” è una generalizzazione idiota, a uso e consumo delle menti facili. Idem per “Popolo di Facebook” (o Twitter). I social network sono variegati per natura, non vivono certo di una mentalità comune.
Per fortuna.

Su Internet la libertà di parola è totale

Il che tecnicamente è vero.
Nel senso che chiunque può scrivere qualunque stronzata gli venga in mente. Basta guardare i commenti ai video di YouTube, che sono un condensato di razzismo, volgarità, denigrazione, insulti e spam. Idem per la blogosfera. Quindi, almeno per quel che riguarda i miei spazi (blog, social network, tumblr) la libertà di parola è limitata dal buon senso, dall’educazione e dal rispetto.
Più moderazione, ecco cosa servirebbe a buona parte degli spazi di discussione disponibili in Rete. E’ una limitazione di democrazia? Forse sì. Non lo vedo come un male assoluto. Se Internet è la casa di tutti, non voglio certo aprirla ai vandali che hanno interesse solo a devastarla. Sbaglio? Può darsi. Ma questo è il mio pensiero, e a quanto pare ora anche qui in Italia la materia è diventata argomento di serie discussioni.

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Su Internet tutto deve essere gratuito

Balle.
Su e con Internet molta gente ci lavora. Parlo di chi vende musica, libri, articoli, film, o anche semplicemente servizi. Cose che, pur digitali, hanno un peso specifico in termini di realizzazione: costi, tempo, fatica. Quindi meritano di essere ricompensati. Chi pensa il contrario è un troglodita. Purtroppo in Italia i trogloditi sono parecchi.
Io compro regolarmente mp3, ebook, mi abbono ai siti che mi interessano. Capita anche che scarichi materiale gratuito (soprattutto film), ma spesso rimedio al torto comprando i DVD dei film che ho gradito in streaming. Non è idiozia, è buonsenso. Se apprezzo un cantante e non compro le sue canzoni, presto o tardi finirà di produrne. Semplice, no?
Altrimenti, seguendo il ragionamento del “tutto gratis”, domattina dovrei presentarmi al bar e pretendere caffè e brioche senza pagarli. Magari in cambio di un semplice passaparola.
Dite che non funziona così?

I Social Network servono solo per cazzeggiare

Per molti è vero, per altri no. In realtà i social network – Facebook, Twitter e G+ – sono indispensabili veicoli di contatto, di promozione e, perché no, di lavoro.
Se poi l’utente medio riesce a utilizzarli soltanto per pubblicare foto di gattini e slogan populisti, il problema evidentemente non è mio. Peggio ancora se, come sta accadendo sempre più spesso, i social diventano il veicolo dell’odio di tutti coloro che ogni giorno decidono di utilizzarli per insultare qualcuno. Magari anche solo perché hai parlato bene di un film o di una canzone che a loro non piace. La megalomania distruttiva da social network darà da lavorare a molti psicologi, vedrete.
Comunque sia il danno non lo fa mai il mezzo, bensì il suo utilizzatore finale.

Lavorare su Internet non è un vero mestiere

Questa cosa ce la portiamo dietro da almeno due decenni, ossia da quando la gente ha iniziato a occuparsi di programmazione, di gestione di siti internet, di copywriting etc etc. Pare strano che nel 2013 esistano ancora persone così, ma purtroppo ci sono: si tratta di tutti i simpaticoni secondo cui se lavori online (o comunque su un computer) non è un vero lavoro.
Perché su Internet in fondo ci vai per i porno, per Facebook, per scaricare musica illegalmente. Quindi è uno spasso, non un mestiere.
Da questo punto derivano infatti il punto tre (su Internet tutto deve essere gratuito, perché tanto è un immenso luna park in cui la gente se la spassa 24h/7g) e in parte anche il punto quattro (i social network servono solo per cazzeggiare).
Ed è così che nascono fraintendimenti epocali, per esempio quella del tizio che si rivolge a un webmaster chiedendogli: “Quanto vuoi per fare il sito alla mia azienda? Conta che ho mio nipote di sedici anni che potrebbe farmelo per venti euro, quindi regolati tu…”

internet non è un lavoro

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