La vicenda Gambaro ci mette di fronte a una realtà evidente: l’elettorato italiano, non è più rappresentato in Parlamento, compresa quella consistente parte che ha votato i candidati grillini. Per una sorta di magia nera o di gioco di prestigio la scatoletta di tonno è rimasta chiusa mentre chi voleva aprirla è entrato a farne parte: ohoo direbbero gli spettatori conquistati dal mago, cazzi amari dicono gli elettori. Questo è successo un po’ perché i “cittadini portavoce” hanno scoperto di essere diventati onorevoli con tutto ciò che comporta nel bene e nel male, molto perché la catastrofica scelta di tenersi fuori dopo essere entrati, ha trasformato un terremoto elettorale in poco più di un diritto di tribuna, moltissimo perché il M5S ha rifiutato di essere un partito, si picca di essere un movimento, ma in realtà sta rivelando una struttura organizzativa e mentale da setta.
C’è un guru solitario ed enigmatico, poi c’è un guru da piazza e ci sono degli adepti scelti e certificati dai medesimi. Questa realtà viene misticamente chiamata “RETE” nelle messe cantate del movimento, dando l’idea di moltitudini che decidono mentre si tratta di poche migliaia di persone che usano il web come mezzo, senza accorgersi di tradirne lo spirito e le potenzialità. E’ un po’ quando si parla di “mercato” dando ad intendere che si tratti di una enorme massa di investitori che si autoregolano, mentre sono poche decine di banche e istituzioni finanziarie che comandano le borse e gli spread secondo i loro interessi.
Dentro questa struttura che un po’ ricorda scientology ogni proposizione politica perde le proprie caratteristiche di obiettivo e diventa atto di fede, decalogo inciso nella pietra per l’indiscutibilità che esige, ma scritto sulla sabbia per ciò che concerne la sua realizzazione. Il caso Gambaro e gli altri che già si annunciano, più che chiamare in causa la democrazia interna come avverrebbe in un partito, fanno pensare piuttosto a meccanismi più arcaici: la blanda contestazione del guru, che niente ha a che vedere con i programmi o con il non statuto e nemmeno con l’elettorato, trova il suo posto d’elezione più nel Ramo d’oro di Frazer, che nella politologia. E infatti come in ogni setta che si rispetti dove le critiche e i dubbi sono ammissibili solo se non diventano pubblici la senatrice Gambaro viene sottoposta all’inquisizione non tanto per la critica in sé, posizione ardua e compromettente da sostenere, quanto il fatto che essa sia stata espressa in una tv. Come se la politica, la buona politica, non fosse la cosa più pubblica che esiste per definizione. Ed è così che Grillo con magnanimità democratica lascia che sia la RETE a decidere sulla possibile espulsione, cioè che ha decidere sulla condanna da comminare chi critica Grillo siano quelli che Grillo ha certificato. Fermo restando che nessun controllo è possibile sui risultati, tanto per completare l’opera di una sistema di comunicazione orizzontale utilizzato per la massima verticalità possibile.
In effetti non c’è nulla fra la tastiera del fedele e il grande sacerdote nello scenario di questo lago di Nemi contemporaneo e si cerca di azzittire in tutti i modi i parlamentari cinque stelle che costituiscono un potenziale nucleo di classe dirigente politica. Infatti il loro lavoro concreto non riceve alcuna attenzione sul blog di Grillo, ossessionato da tutt’altre vicende. Ed è chiaro che come accadeva per il culto di diana Nemorensis che si riflette ancora oggi sulle modalità di sostituzione dei Papi (non a caso è stato un tedesco a infrangere questa tradizione) il sacerdote può essere sostituito solo dopo la sua morte naturale o provocata. Ma per crescere bisogna “uccidere” ritualmente il padre e semmai recuperalo in seguito: se il M5S vuole uscire dalla struttura della setta per entrare in politica non ha altra strada che “uccidere” Grillo e sottrarsi a un destino da cinquology.