La corriera viola della Trentino Trasporti era il suo passaporto per la libertà. Trenta chilometri per arrivare a Trento, alla scuola professionale per diventare parrucchiera, alle amiche, al panino da mangiare al bar, alle sigarette da fumare ai giardinetti e soprattutto a lui, il suo grande amore. Sara - chiamiamola così, ma certo questo non è il suo nome - a sedici anni ha scavato ogni giorno di più la distanza tra il piccolo mondo con i filari ordinati delle viti dove c'è la sua casa, la mamma impiegata, la sorella maggiore che era quasi una seconda madre, e la città dove finalmente si sentiva grande.Non so a voi, ma a me pare inutile tentare di affibbiare un nome di fantasia alla protagonista per non rivelarne l'identità, se poi si danno degli indizi tali che, per un cittadino della zona di Trento, sono abbastanza sufficienti per scoprire chi si cela dietro tale “Sara”. A meno che la Sasso abbia inventato anche i chilometri dall'abitazione materna a Trento; a meno che abbia scambiato le mele con l'uva, e anziché diventare parrucchiera la ragazza studiasse per diventare cuoca.Il bello è che, non paga di averla chiamata Sara ieri per dare colore a tale piccola storia ignobile, anche oggi - e nel titolo stesso - Cinzia Sasso si ripete
E pensare che Cinzia Sasso era reduce dalla prima della Scala. Possibile che Mozart non abbia coperto il meme di Venditti?