Francesco e Antonio, Paola e Giovanna. Andiamo con ordine. Il ventenne Francesco Mazzola, detto Parmigianino, arriva a Fontanellato nel 1523.Nella magnifica Rocca circondata dall'acqua, Galeazzo Sanvitale l'ha chiamato a decorare una buia e nascosta saletta. Un regalo per la moglie Paola Gonzaga.Si, andiamo con ordine. Pochi anni prima, nell'inquieta Parma del 1519, al trentenne Antonio Allegri, detto Correggio, si rivolge, per la decorazione della sua camera, la battagliera e mondana Giovanna da Piacenza, badessa del convento di San Paolo.
Francesco e Antonio, l'uno non ancora Parmigianino l'altro già Correggio, s'incontrano sui ponteggi della cupola di San Giovanni dove il Correggio sta affrescando il suo capolavoro.S'incontrano, si piacciono.Arrampicati sui ponteggi è amore artistico a prima vista.Il giovane Mazzola-Parmigianino, che è sveglio e già bravo, conquista sul campo la fiducia. Gli viene consentito, lui l'ultimo arrivato, d' eseguire i putti che si trovano a fianco di san Luca e di sant'Ambrogio, nonché, nella sottostante base dell'arco, "Caino e Abele".Apprendistato con i fiocchi!Insomma, si conoscevano i due. Maestro e allievo, e l'allievo, come accade nell'ovvio di questo mondo, già pensava a marcare una distanza dal maestro.Torniamo alla nostra storia di badesse, nobildonne, allievi, maestri, camere e salette.Se, a fare rincontrare il maestro Allegri-Correggio con l'allievo Mazzola-Parmigianino, nella ricorrenza dei cinquecento anni esatti dalla nascita di quest'ultimo, è stato, alcuni anni fa, l'itinerario "Le arti e le corti, alla scoperta del Rinascimento nella provincia di Parma"; ad unire due splendide signore rinascimentali come Paola Gonzaga e Giovanna da Piacenza, è una terza donna, anzi una dea: Diana..E' infatti con le immagini della dea cacciatrice, simbolo di una femminilità fiera e di una castità voluta e ricercata, che entrambe decidono di decorare le loro stanze.Non basta l'analogia tematica a farci curiosi viaggiatori tra Parma e Fontanellato; c'è anche un'analogia d'impostazione: le due stanze hanno la medesima organizzazione spaziale e il medesimo gioco illusionistico tra padiglioni di verzura e rosei putti.Solo le intenzioni delle committenti sono, di sicuro, diverse ma, allo stesso tempo, inafferrabili per noi che cerchiamo di interpretarle con i codici della nostra cultura.Dunque, impresa ardita svolazzare tra le ipotesi.Rimane il testo pittorico, dell'una e dell'altra stanza, pieno di significanze e insoluti enigmi, poesia che si aggiunge a poesia, soprattutto stile che si fa riconoscere e distingue per disegno, tratto, colore, spazio che contiene l'insieme.Eppure... eppure, al di la delle intenzioni e delle interpretazioni, è ancora una volta il destino - una oscura alchimia, direbbe il Parmigianino del Vasari - a farsi carico di accomunare la Diana di Fontanellato con quella della camera di San Paolo.Coincidenze? Da non crederci!Entrambe le stanze rimangono, siamo nella metà del cinquecento, da subito e fin verso il settecento, volutamente ed ostinatamente, nascoste.L'una, per volontà di una Paola Gonzaga che, disperata per la morte del figlioletto, rivede nella storia di Diana e Atteone la cifra della sua privata sventura e, per questo, si fa tristissima e unica visitatrice di quel piccolo camerino affrescato dal Parmigianino; l'altra per un reiterato (tosta la badessa!) decreto papale che, nel 1524, interviene definitivamente contro la mondanità di cui godono le monache del convento di Parma, imponendo la stretta clausura e quindi l'interdizione, della sala affrescata dal Correggio, da occhi profani.Un velo, insomma, un poco come il sorriso delle Vergini Stolte e l'inquietudine della Vergini Sagge, invisibile per secoli quaggiù a noi mortali, lassù in alto nella volta della Steccata.http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane