di Cristiano Abbadessa
L’educazione, nei rapporti umani (inclusi quelli professionali), non dovrebbe essere un optional.
Per questo, nonostante capiti spesso qualcuno che scambia la correttezza per eccesso di buonismo, non possiamo prendere in considerazione l’idea di non rispondere, con scostante fastidio, a chi ci contatta per proporci, seguendo il percorso da noi indicato, la propria opera.
Anche perché, e se c’è un malinteso in tal senso è bene chiarirlo subito, l’obiettivo non è certo quello di ricevere meno proposte e di scoraggiare gli aspiranti autori. Va benissimo ricevere centinaia di proposte, purché pertinenti al nostro progetto editoriale.
Capita però, purtroppo, che nonostante sia ben chiarito di quali tematiche vogliamo si occupino le nostre opere di narrativa, un’elevata percentuale delle proposte ricevute riguardi soggetti letterari che, con clamorosa evidenza, sono del tutto estranei alla nostra linea editoriale. Che senso ha, di fronte al nostro interessarci di riflessioni sull’Italia contemporanea e sui temi sociali, inviare biografie di nobildonne settecentesche, l’ennesima rivisitazione dei misteri di Leonardo, storie d’amore adolescenziali ambientate nel Wisconsin, tentativi di inventare l’alter ego di Harry Potter o, soprattutto, debordanti storie intimiste che non escono dall’analisi esistenziale e non aprono mai il proprio sguardo sul mondo?
A quanto pare, peraltro, tale problema è comune a tutti gli editori che hanno pur dichiarato una precisa linea editoriale e delimitato il campo dei loro interessi. E sarebbe quindi bene che gli aspiranti autori comprendessero che mandare tutto a tutti non aumenta, ma diminuisce, le possibilità di successo. Mentre, al contrario, selezionare con accortezza gli editori cui proporsi è sintomo non solo di buona educazione ma anche di intelligenza.
Quel che forse sfugge a chi applica la regola del “ci ho provato” è che, così facendo, non vengono penalizzati solo gli editori sommersi da proposte prive di interesse, ma risultano danneggiati gli autori stessi. Perché la necessità di spendere tempo per sfoltire centinaia di proposte improprie fa sì che l’editore arrivi solo con mesi di ritardo a scovare la proposta interessante. Soggettivamente interessante, attenzione. Per cui se i narratori del sociale contemporaneo che ci hanno inviato una loro opera sono, nel caso di Autodafé, danneggiati dagli autori di fantasy o rosa che si sono impropriamente ammucchiati nei nostri archivi, allo stesso modo può accadere che l’autore di fantasy o di rosa venga penalizzato, presso un editore ben felice di occuparsi di questi generi letterari, da colleghi che hanno vanamente sottoposto all’editore sbagliato un’opera di grande respiro sociale e di stringente realismo.
Scegliere bene gli editori a cui proporre la propria opera non agevola solo il lavoro dell’editore stesso, ma concede maggiori opportunità a tutti gli autori.
Ecco il motivo per cui, quando si invia la propria proposta letteraria, bisognerebbe conoscere bene la linea editoriale e il progetto del destinatario. E, forse, la lettura di qualche opera pubblicata agevolerebbe la scelta.