Warren Keating, Blonde and Bald Conversation in Paris
Parlare non è semplice. Anche se si usa la stessa lingua.
Comunicare è ancora più difficile.
Se poi la comunicazione deve avvenire fra uomo e donna siamo di fronte ad un grado in più di difficoltà.
In molti casi la scelta di non parlare del tutto è una maniera per difendersi dalla comunicazione. Che può fare paura.
Spesso la paura è enorme, insormontabile, anche se il motivo è piccolissimo, un sassolino, non una vera pietra di inciampo.
Ma il silenzio sembra l'unica soluzione: per non sapere, per non essere messi in discussione, per non trovarsi a dover affrontare un cambiamento, qualunque cambiamento, qualunque crescita.
La lingua si impasta in bocca. Il linguaggio si impoverisce.
E' come se la nostra comunicazione dipendesse da una lingua straniere, arrugginita, dimenticata, sopita.
Ne vedo a migliaia di questi silenzi.
Ne sono avvolta anche io: nessuno ne è immune.
Silenzi e attese, che poi generano frustrazioni, fanno costruire castelli in aria di incubi o illusioni.
Per questo, invece che parlare di "lingua", che è comunque comunicazione, credo che si debba parlare di più, e prima, di silenzio.
Perché il silenzio tende a diventare abitudine. E' facile abituarsi a qualcosa che sembra consolatorio, rassicurante, protettivo.
Anche alla noia ci si abitua, e il divertimento può turbare, se incrina la routine.